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domenica 14 aprile 2019

Gli scafisti russi, in lussuosi velieri che portano centinaia di migranti, ignorati da Salvini che attacca le ONG

L'Espresso
Viaggiano verso l'Italia su insospettabili barche a vela di lusso. Cariche di disperati a cui negano anche il cibo. Ecco chi sono gli scafisti dell'Est, le loro rotte, il business sulla pelle dei migranti. 


Si confondono fra le imbarcazioni dei turisti: hanno la prua snella e le vele candide. Ma a tradirle, quasi sempre, è il grido di liberazione degli insoliti passeggeri: non appena la barca approda a riva loro scendono di corsa, abbandonano gli abiti fradici d'acqua nelle spiagge e poi scompaiono nel nulla.

Mentre il ministro dell'Interno Matteo Salvini ordina la chiusura dei porti, annuncia trionfante che gli sbarchi sono stati azzerati e punta il dito verso le navi delle Ong accusate di essere "taxi del Mediterraneo", c'è un piccolo e silenzioso fenomeno che sta crescendo intorno alle nostre coste, ma al quale il vice premier non ha mai dedicato nemmeno un tweet. Si tratta del traffico di esseri umani a bordo di insospettabili imbarcazioni di lusso: è il nuovo business sulla pelle dei migranti gestito da potenti clan venuti dall'Est, uniti in un sodalizio criminale con organizzazioni turche.

Negli ultimi mesi questi sbarchi sono aumentati a vista d'occhio. E ogni episodio sembra essere la fotocopia di quello precedente: gli scafisti sono di nazionalità russa o georgiana, le navi che trasportano i migranti sono costosi motovelieri intestati a società fittizie e spesso battenti bandiera americana, le fedine penali dei comandanti dell'equipaggio sono rigorosamente immacolate. Per la polizia internazionale si tratta di autentici fantasmi che fanno parte di un rebus criminale ancora tutto da decifrare, riconducibile alla mafia russa, che dopo aver conquistato il monopolio nei furti in appartamento e nel riciclaggio in tutta Europa ora ha affondato le mani anche nel traffico di migranti.

Le regole dei padrini dell'Est sono sempre le stesse, applicate in ogni loro settore criminale: silenzio, discrezione e gestione della manovalanza in perfetto stile paramilitare. Una disciplina che anche in questo caso dà buoni frutti, con numeri da capogiro: gli investigatori calcolano che per ogni passeggero gli scafisti guadagnino fino a 10 mila euro a testa, in gruppi di circa 70 persone alla volta per una media di 5 mila viaggi all'anno.

Quasi sempre gli scafisti dell'Est percorrono il tratto di mare tra la Grecia e la Puglia, che diventa la scorciatoia per aggirare i "muri" europei. Anche se di recente molti degli sbarchi fantasma sono avvenuti in Sicilia, nella costa del Ragusano, aggirando ogni tipo di controllo. I passeggeri sono spesso curdi o iracheni e la loro fuga verso l'Europa parte dal quartiere Aksaray a Istanbul: è lì che avvengono i primi contatti con queste potenti organizzazioni criminali, come ricostruito da L'Espresso attraverso i racconti dell'orrore fatti dai migranti.

Negli ultimi mesi gli episodi hanno avuto un'impennata: se ne sono verificati quasi uno alla settimana, anche per via dell'arrivo del clima più temperato che ha dato inizio a una nuova stagione di sbarchi "fantasma". E insieme agli approdi arrivano le inchieste, che stanno tenendo occupati i magistrati pugliesi e siciliani. Sotto la lente dei pubblici ministeri di Messina, per esempio, c'è uno sbarco avvenuto alcuni mesi fa a Taormina, al largo della spiaggia di Cantone del Faro. Ad avvisare le forze dell'ordine, allora, erano stati alcuni passanti: avevano visto un gommone che faceva avanti e indietro e che trasbordava a riva alcune persone prelevandole da un'imbarcazione ferma in mezzo al mare in balìa di una tempesta. Con molta pazienza, i Carabinieri della Compagnia di Taormina guidata dal capitano Arcangelo Maiello hanno arrestato uno degli scafisti, mentre la Guardia di Finanza ha messo le manette ai polsi del suo complice, che si trovava in mare intrappolato sulla barca a vela, con le tasche ancora piene di dollari e rubli.

Le generalità degli skipper sembrano essere una fotocopia: entrambi russi, trentenni e incensurati. Altra singolare coincidenza, pure stavolta l'imbarcazione risulta immatricolata nel piccolo Stato americano del Delaware, che si trova fra Washington e Philadelphia, famoso per avere uno degli uffici per la registrazione delle barche più attivo di tutti gli Stati Uniti. E dove un motoveliero arriva a costare più di 315.000 dollari.

Batteva bandiera americana - sempre immatricolata nel Delaware - pure la barca a vela di 9 metri chiamata "Tefida" che un anno fa ha trasportato una decina di migranti kosovari, fra cui 2 bambini, fino alle coste di Brindisi, in Puglia. I due skipper russi, accusati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e tuttora in carcere, non hanno mai voluto collaborare con gli inquirenti e si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Qualche settimana prima, lo scenario si era ripetuto a largo di Avola, Siracusa: dentro la barca a vela viaggiavano stipati in condizioni disumane 59 pakistani. L'imbarcazione è stata agganciata in mezzo al mare mosso, e trainata a Marzamemi. I militari italiani hanno fermato i due scafisti: anche stavolta russi, incensurati e per niente collaborativi.

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Il primo a tracciare l'anatomia di questa nuova tipologia di scafisti mercenari è stato il commissario Carlo Parini, fino a qualche mese fa alla guida del Gicic, Gruppo Interforze di contrasto all'immigrazione clandestina, team unico in Italia creato nel 2006 dalla Procura della Repubblica di Siracusa e sciolto pochi mesi fa per volere del nuovo governo perché, secondo Salvini, "gli sbarchi in Italia non ci sono più".

Arianna Giunti

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