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domenica 19 gennaio 2014

Dal Corno d'Africa al Sinai: migranti schiavizzati e torturati dai trafficanti di uomini e organi

La Repubblica
Negli ultimi anni è cresciuto il numero di eritrei e sudanesi che arriva in al confine tra Israele ed Egitto. Parallelamente, sulla loro rotta, è nata una rete di trafficanti di esseri umani e di organi che li rapisce e tortura per avere un riscatto. Ma dopo numerose battaglie e denunce, le organizzazioni presenti sul territorio hanno convinto l'Egitto a intervenire
ROMA - Torture con scariche elettriche e ustioni, stupri e violenze di ogni genere in attesa che i familiari dei migranti rapiti paghino il riscatto chiesto dai trafficanti di esseri umani. Questa la sorte di molti eritrei e sudanesi che hanno intrapreso un viaggio verso il nord del mondo. In pochi hanno denunciato le atrocità che si consumano al confine tra Egitto e Israele. Tra questi, Hamdy Al-aziz, attivista egiziano, appoggiato da alcune Ong, tra le quali EveryOne group. Grazie alla costante pressione su governi e istituzioni internazionali, qualcosa si sta muovendo e l'esercito egiziano ha deciso di agire.
Le rotte del dolore. Per un migrante, l'Europa e l'Asia diventano via via sempre più inaccessibili. A causa delle leggi restrittive sull'immigrazione, sono nate negli anni altre rotte alternative. Tra le più gettone c'è quella che dal Corno d'Africa attraversa il Sudan e risale il Nilo, fino al confine con Israele. Al 2009, anno del trattato tra Italia e Libia, risalgono le prime prove dell'esistenza di una nuova organizzazione che esercita il traffico di persone tra Egitto, Israele e Sudan. Dopo l'ondata di migranti del 2011, Tel Aviv ha varato laPrevention infiltration law, una legge che condanna ad un minimo di tre anni coloro che entrano illegalmente nel paese. Ma nonostante la drastica diminuzione nel 2012 del numero di ingressi illegali in Israele, non sono diminuiti i casi di rapimenti e di torture nel Sinai.

Rapimenti e riscatti. Il contrabbando di esseri umani e organi è un business ricchissimo. Si calcola che alle famiglie dei migranti-ostaggi siano stati estorti, da 3 anni a questa parte, almeno 600 milioni di dollari. I migranti vengono rapiti durante la traversata e vengono presi in ostaggio in attesa che familiari, amici o altre persone paghino il riscatto. Come se non bastasse, il rapimento e il riscatto possono essere solo una fase della catena senza fine di sfruttamento e di estorsioni. Migliaia di testimonianze rilasciate all'UNHCR e ai governi in Israele, Egitto ed Etiopia rivelano che un destino ancora più atroce spetta a coloro che non hanno soldi o famiglie cui chiederli. Nella maggior parte dei casi, questi vengono uccisi dagli stessi rapitori, che spesso esportano organi da rivendere al mercato nero e abbandonano i corpi nel deserto. Il prezzo del riscatto è variabile. Sembra che dal 2009 a oggi sia decuplicato. Se infatti agli inizi venivano chieste somme pari a 1-2 mila dollari, oggi se ne chiedono fino a 30 mila. Una somma enorme, se si pensa che spesso le famiglie di provenienza vivono in povertà.

La lotta delle Ong e di Hamdy Al-azazy. Le prime voci che hanno denunciato le atrocità nel Sinai sono state quelle di Hamdy Al-azazy, presidente della Ong New Generation Foundation for Human Rights di Arish (Nord del Sinai, Egitto), che da anni si dedica all'assistenza dei profughi nelle carceri e negli ospedali, oltre che alla tutela dei loro diritti. Al suo fianco si sono schierate altre Ong tra cui la EveryOne Group e la Ong Gandhi di Milano, riuscendo a scuotere l'opinione pubblica e le istituzioni dei paesi interessati.

Le istituzioni e il governo egiziano. Grazie al lavoro e alle costanti denunce da parte delle organizzazioni presenti sul campo, l'Onu e la Comunità Europea hanno esercitato una pressione costante sul governo egiziano affinché intervenisse sui trafficanti per porre fine alle violenze contro i migranti nel Sinai. Il Cairo, che in un primo momento aveva negato il problema, è poi passato all'azione. L'esercito ha inferto colpi letali alle organizzazioni criminali, grazie alla segnalazioni dei covi e dei nomi dei trafficanti da parte degli attivisti. Stando alle informazioni raccolte dalla Ong EveryOne, tutti i trafficanti conosciuti sono stati arrestati, sono morti in scontri a fuoco o sono fuggiti nel deserto o nella Striscia di Gaza attraverso i tunnel, ma con un mandato di cattura sulle loro teste.

L'appello di EveryOne Group. EveryOne Group e New Generation Foundation for Human Rights sono in stretto contatto con le autorità egiziane, a cui chiedono ora l'istituzione di un organismo di monitoraggio e prevenzione del traffico di esseri umani nel Sinai, con la supervisione delle Nazioni Unite, per evitare che le bande criminali possano formarsi nuovamente.

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