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giovedì 30 gennaio 2014

Bangladesh - 14 condanne a morte per contrabbando di armi tra loro il leader del maggiore partito islamico

MISNA
Quattordici condanne alla pena capitale sono state comminate oggi dal tribunale di Chittagong contro altrettanti personaggi giudicati per un episodio di contrabbando di armi avvenuto dieci anni fa. Tra questi il leader del Jamaat-e-Islami, maggiore partito confessionale del paese, Motiur Rahman Nizami, arrestato a Dhaka il 29 giugno 2010 e da allora detenuto nella capitale.
Il 70enne Nizami e gli altri condannati avrebbero fatto parte del racket che cercò di fare entrare nel paese via mare 10 camion carichi di armi. Nizami, in particolare, che allora era ministro dell’Industria, avrebbe aiutato a scaricare nel porto di Chittagong nell’aprile 2004, 4.930 armi da fuoco di ultimo modello, oltre 27.000 granate e 840 lanciarazzi. Obiettivo della cinquantina di personaggi coinvolti, consentire che il carico arrivasse a un gruppo ribelle nel confinante stato indiano di Assam.

Tra i condannati a morte sono anche l’ex ministro dell’Interno Lutfozzaman Babar e i responsabili dei servizi di sicurezza. Condannato ma in contumacia perché da lungo tempo latitante pure Paresh Baruah, leader storico del movimento indipendentista United Liberation Front of Asom (Ulfa).

La sentenza è stata emessa in un tribunale fortemente presidiato per l’importanza del processo durato un anno e dall’inevitabile significato politico. Motiur Rahman Nizami, al tempo dei fatti addebitati era esponente di spicco del governo guidato dal Partito nazionalista del Bangladesh, di cui il Jamaat-e-Islami era allora alleato di governo.

Nell’ultimo anno, processi e condanne di personaggi di alto profilo, sia religiosi che laici dell’opposizione, oltre che le continue tensioni poitiche e sindacali, hanno posto il paese in una situazione assai difficile che nemmeno le elezioni del 5 gennaio, vinte ancora dalla Lega Awami guidata da Sheikh Hasina, hanno definitivamente acquietato. Le significative condanne di oggi rischiano di fare riesplodere tensioni e violenze scese d’intensità nelle ultime due settimane.

[CO]

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