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martedì 5 giugno 2018

Libia - Torture, stupri, pestaggi ed elettroshock: la vita di inferno dentro i "mezra", lager per i migranti.

L'Espresso
La parola in arabo vuol dire magazzini: sono i luoghi in Libia dove i trafficanti ammassano le persone che cercano di arrivare in Europa. Ecco cosa racconta chi è sopravvissuto all'orrore. E ora la procura arresta un presunto torturatore.


I trafficanti li chiamano “mezra”. Magazzini, in arabo. Spesso sono vere e proprie prigioni fuori da ogni regola, carceri private, gestite dai boss del traffico di esseri umani. Che in queste strutture sparse per la Libia non custodiscono merce qualunque, ma donne, bambini, uomini. Seviziati con la corrente elettrica, picchiati con tubi di gomma, senza cibo per giorni, le ragazze stuprate. Tra questi c’è anche chi è stato caricato di forza su gommoni e barche. Persino minorenni, che non avevano alcuna intenzione di lasciare l’Africa. Sono loro stessi a raccontarlo, una volta arrivati in Italia, alle commissioni territoriali incaricate di valutare le richieste di asilo.

La realtà, violenta. Nel frattempo la politica si avvita in sterili discussioni sull’indagine della procura di Catania e sul presunto rapporto tra Ong e trafficanti. Parole al vento che non offrono soluzioni per fermare l’orrore libico. Eppure i nodi da sciogliere sono molti. Per esempio, diversi mesi fa i pm di Catania hanno inviato in Egitto una richiesta per catturare due trafficanti di primissimo piano, ma Il Cairo tace. 

E mentre dalla sponda europea del Mediterraneo gli xenofobi d’Europa ingaggiano ingegneri per progettare muri, l’agenzia Frontex getta un’ombra sul lavoro delle Ong e i partiti agitano lo spauracchio dell’invasione, dalla sponda sud del canale di Sicilia le persone che scappano da guerre, dittature, povertà e miseria - chi ha diritto all’asilo e chi no - continuano a subire qualunque tipo di sevizia. Soprusi inumani compiuti quotidianamente dai boss e dai loro sgherri che gestiscono un business miliardario, stimato dall’Europol in 4-6 miliardi di euro.

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Giovanni Tizian

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