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giovedì 21 giugno 2018

Bangladesh - Piove sui Rohingya. La situazione già critica peggiora ulteriormente.

Unimondo
“Piove sul bagnato” si è soliti dire. Non potrebbe usarsi espressione più indovinata per indicare il nuovo stato emergenziale che ha colpito la popolazione Rohingya. 


La minoranza musulmana fuggita dalla Birmania per le brutali persecuzioni di cui è oggetto, negli ultimi due anni ha trovato riparo in campi profughi allestiti nel sud-est del Bangladesh e in questi giorni in buona parte spazzati via dalle violenti piogge che hanno colpito il territorio. 

Fango e rifiuti ovunque, baracche e ponticelli distrutti, seri danni strutturali causati dalle prime precipitazioni dei monsoni che hanno colpito almeno 9mila profughi, secondo le prime stime. Non sono quindi bastati i lavori di prevenzione messi in campo nei mesi scorsi dal governo di Dacca e dalle organizzazioni umanitarie: si calcola, infatti, che almeno 30mila dei circa 900mila Rohingya che si trovano nel territorio di Cox’s Bazar vivano in aree ad alto rischio di inondazione e dipendano dagli aiuti umanitari.

Se sul piano dell’accoglienza la situazione è piuttosto disperata, dal punto di vista della sicurezza si affaccia il problema dell’istruzione, per lo più affidata agli imam, e del rischio radicalizzazione. “Più andrà avanti la crisi più la minaccia jihadista potrebbe concretizzarsi” ammette Mohammad Abdul Kalam, commissario del Bangladesh per l’assistenza e il rimpatrio dei rifugiati. A questo si aggiunge la questione demografica, in considerazione della nascita di 60-100mila bambini rohingya nei prossimi mesi, molti frutti degli stupri commessi dai militari birmani.

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