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venerdì 17 gennaio 2020

Nel caos in Libia i migranti detenuti nei lager ricattati per combattere nelle milizie come "carne da cannone". Si preferiscono sudanesi che parlano arabo.

GlobalistLa denuncia dell''Unhcr, l'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati: si cercano soprattutto sudanesi che parlano arabo.

Non bastavano i tagliagole e i mercenari reclutati dalle due parti in guerra e dai loro sponsor esterni. Nel caos libico, s’inserisce ora un’altra pagina inquietante, vergognosa: o combatti, o ti ammazziamo. Il ricatto ai migranti. Le parti impegnate nel conflitto in Libia stanno usando i migranti come combattenti. 

Lo denuncia l'Unhcr, l'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati. ''Abbiamo le prove, da parte di persone che si trovano nei centri di detenzione, che è stata offerta loro la proposta di restare lì per un periodo indefinito oppure di combattere al fronte'', ha detto alla Dpa il rappresentante speciale dell'Unhcr per il Mediterraneo centrale, Vincent Cochetel.


Ricatto mortale

Al momento, Cochetel dice di non essere in grado di dire quanti migranti abbiamo accettato l'offerta. ''Se decidono di farlo, viene data loro una uniforme, un fucile e vengono immediatamente portati nel mezzo della guerriglia urbana'', ha aggiunto.''Abbiamo visto che questi tentativi di reclutamento'' dei migranti ''riguardano prevalentemente i sudanesi - ha proseguito Cochetel - Riteniamo questa scelta motivata dal fatto che parlano arabo. Entrambe le parti'' in conflitto in Libia ''sono coinvolte'', ovvero le milizie fedeli al governo del premier libico Fayez al-Sarraj e l'autoproclamato Esercito nazionale libico del generale Khalifa Haftar.

Umberto De Giovannangeli

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