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sabato 26 gennaio 2013

Italia - Ministro della Giustizia Severino: la situazione delle carceri migliora, ma è ancora drammatica


Asca, 25 gennaio 2013

La situazione delle carceri italiane registra un miglioramento. All'interno della popolazione carceraria si è passati dal 42% di detenuti in attesa di giudizio dell'anno scorso al 36% di quest'anno.
Un dato comunque che "rimane inaccettabile e che inserito nella più generale situazione degli istituti carcerari italiani provoca quel sentimento di profonda amarezza e lo sconforto per la perdurante drammaticità" delle condizioni dei detenuti. Lo afferma il ministro della Giustizia, Paola Severino, nel suo intervento all'inaugurazione dell'anno giudiziario.
Sulle carceri, sostiene il ministro, "si può e si deve fare di più, sia nell'impegno amministrativo quotidiano sia nell'impegno legislativo". Il diminuire dei detenuti in attesa di giudizio, dice Severino, "è il segno che quello che si è fatto va nella giusta direzione, anche se va proseguito e ampliato. Dovranno essere ricercate soluzioni che, facendo salve le esigenze di sicurezza della collettività, valorizzino la funzione rieducativa della pena, riaffermando l'idea del carcere come extrema ratio. Per questo - aggiunge Severino - rimane forte il rammarico per la mancata approvazione del disegno di legge in matterai di pene detentive non carcerarie che avrebbe lasciato un primo, importante segno in questa direzione".

Inaugurazione Anno Giudiziario 2013: intervento Paola Severino

La situazione carceraria. Mi pare doveroso, pertanto, iniziare la mia relazione proprio da alcune considerazioni sull'attuale stato delle carceri. Non invocherò a scusante il breve tempo avuto a disposizione dal Governo; né mi limiterò a richiamare l'esito comunque positivo delle innovazioni legislative sia in materia di esecuzione presso il domicilio delle pene detentive residue brevi, che in materia di forte attenuazione del fenomeno delle c.d. "porte girevoli".
Si deve e si può fare di più, sia nell'impegno amministrativo quotidiano, sia nell'impegno legislativo, con provvedimenti di cui dovranno in parte farsi carico anche il nuovo Governo ed il nuovo Parlamento, con decisioni che - voglio sperare - non siano condizionate da fatti di cronaca mediaticamente enfatizzati ma, al contrario, trovino alimento nei principi costituzionali della presunzione di innocenza e della finalità rieducativa della pena.
Rimane inaccettabile che, all'inizio di questo mese, 24.124 detenuti su 65.789, pari a circa il 36% dell'intera popolazione carceraria, siano ancora in attesa di giudizio e, tra essi, ben 12.594 attendano il giudizio di primo grado.
Va però segnalato un miglioramento rispetto agli stessi dati che ho fornito in quest'aula lo scorso anno, se è vero che allora i detenuti in attesa di giudizio erano oltre 28.000 (pari al 42% di un totale sostanzialmente stabile). È il segno che quello che si è fatto va nella giusta direzione, anche se va proseguito ed ampliato.
Dopo essermi misurata con questi problemi rimango, infatti, ancora più convinta che soltanto l'azione sinergica di una sostanziale depenalizzazione, di una nuova e più flessibile regolamentazione della misure alternative al carcere e di un nuovo sistema di gestione dell'edilizia carceraria sarà in grado di offrire una soluzione equilibrata e stabile a questa davvero complessa emergenza.
Dovranno essere ricercate soluzioni che, facendo salve le esigenze di sicurezza della collettività, valorizzino la funzione rieducativa della pena, riaffermando l'idea del carcere come extrema ratio.
È per questo che rimane forte il rammarico per la mancata approvazione del disegno di legge in materia di pene detentive non carcerarie che avrebbe lasciato un primo, importante, segno in questa direzione.
Mi conforta però il segnale dato da un illuminato Procuratore della Repubblica che, in una circolare recente, ha invitato i Magistrati ad un utilizzo più esteso delle misure alternative alla detenzione.
Confido che indicazioni simili possano essere diffuse in tutti i Tribunali, suggerendo anche una evoluzione dell'interpretazione delle norme attualmente esistenti, nel solco dei principi costituzionali e degli insegnamenti della Corte Europea di Strasburgo.

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