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mercoledì 20 maggio 2015

Tunisia: al 200% il sovraffollamento delle carceri, più del 50% i detenuti in carcerazione preventiva

Ansa
Le carceri tunisine sono ormai al collasso, nonostante il fatto che i governi post-rivoluzione abbiano fatto dell'edilizia carceraria un punto fisso delle loro politiche. Secondo gli ultimi dati, peraltro avallati da rilevazioni di organizzazioni come la Lega tunisina per i diritti dell'Uomo e Human Rights Watch, in molte delle carceri del Paese la situazione è ad un passo dall'esplodere, con un tasso di occupazione delle celle che è del 200 per cento rispetto alla capienza massima (peraltro, c'è da dire, calcolata con estrema larghezza, quasi con colpevole benevolenza rispetto alla realtà delle strutture). 


È un problema difficile da risolvere soprattutto perché i tempi per la realizzazione di nuove strutture carcerarie sono oggettivamente lunghi, per la trafila burocratica (bandi, valutazione delle proposte, ricerca dei fondi) e per i tempi netti di costruzione. E questo accade in un momento che vede le carceri tunisine non brillare certo per rispetto degli standard minimi di vivibilità. Ma tutto questa nasconde un problema, che appare evidente agli addetti ai lavori e che riporta ad un dato che si commenta da solo: in questo momento in carcere il numero di coloro che attendono un giudizio supera quella di coloro che, condannati, stanno espiando una pena.

Ed è questo che sta alimentando le polemiche in seno agli addetti ai lavori, con avvocati e attivisti dei diritti umani che condannano, senza esitazione, l'uso che i magistrati inquirenti fanno dello strumento della carcerazione preventiva che, sostengono, solo in assenza di alternative, dovrebbe essere l'ultima risorsa per un pubblico ministero.

Invece, si dice da più parti, la carcerazione preventiva è ormai dilagante e tutto lascia sospettare che essa sia diventata non uno strumento di cautela per il pubblico ministero, ma qualcosa di cui si abusa per fare pressioni non solo psicologiche sul presunto reo o per mettere dietro le sbarre una persona su cui si pensa di indagare, ma a tempo debito.

Durante la dittatura ed anche nell'era di Bourghiba poche voci si levavano contro lo stato delle carceri, con la sola eccezione delle opposizioni che protestavano contro il trattamento riservato ai detenuti politici. Ma ora è difficile arginare l'ondata crescente della rabbia e di questo il governo dovrà pure tenere conto. A detta di molti, nuove carceri non risolveranno il problema, ma appare difficile imporre un alt a certi atteggiamenti della magistratura inquirente, alle prese con una enorme e forse insostenibile massa di processi - soprattutto per delitti contro la proprietà e la persona.

di Diego Minuti

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