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giovedì 19 novembre 2020

Mozambico: il terrorismo jihadista colpisce il nord del Paese - Necessario aiutare il Paese con un intervento internazionale

Vatican News
Il gruppo ispirato allo Stato Islamico da tre anni imperversa nella provincia di Cabo Delgado, una delle più povere. Duemila le vittima e 400 mila gli sfollati, in una situazione difficile da gestire per il governo. Don Angelo Romano di Sant'Egidio: è sempre più chiaro che c'è bisogno di aiuto


La notizia del terribile attacco jihadista, confermato da fonti giornalistiche ma smentito dal governo e dalle autorità locali, che avrebbe portato la scorsa settimana alla decapitazione di cinquanta persone nel campo da calcio del villaggio di Muatide, ha portato nuovamente l’attenzione sulla minaccia islamista in Mozambico, e in particolare nella provincia settentrionale di Cabo Delgado.

L'offensiva dei jihadisti

Dal 2017 infatti un gruppo che si fa chiamare Al-Shabaab – come la milizia somala legata ad Al-Qaeda, ma ispirata allo Stato Islamico – ha cominciato ad attaccare la zona, uccidendo duemila persone, la metà civili, e causando 400 mila sfollati interni che si sono riversati in tutto il resto del Paese. “Ci sono informazioni contradditorie perché alcuni fonti hanno affermato purtroppo l’esistenza di questo massacro terribile, altre lo hanno smentito”

Così al microfono della nostra collega Helène Destombes, don Angelo Romano, missionario della Comunità di Sant’Egidio che, con la sua mediazione, aiutò a porre fine alla guerra civile del 1992, ”ma quello che è sicuro è che purtroppo i terroristi sono all’offensiva in questo momento. Stanno attaccando e stanno coinvolgendo villaggi e aree che prima non erano state mai toccate dalle loro azioni. Sicuramente ci sono vittime, sicuramente ci sono migliaia di persone che stanno fuggendo dalle nuove zone coinvolte nei combattimenti e c’è il rischio che i terroristi possano presto attaccare città e altre zone di Cabo Delgado, quindi è una situazione molto grave”.

Povertà e disugaglianze a Cabo Delgado
Il nord del Mozambico, dove i terroristi vogliono imporre il loro dominio, è una delle zone più povere del Paese, con i più alti tassi di analfabetismo, disuguaglianze e malnutrizione infantile, sebbene sia anche ricca di miniere. Cabo Delgado è anche una delle poche province a maggioranza musulmana, con una tradizione moderata di ispirazione sufi. 

Non sono quindi ancora del tutto chiare le origini di questo gruppo. Secondo gli analisti, spiega ancora don Angelo, “certamente c’è stata una radicalizzazione di alcune parti della provincia di Cabo Delgado in seguito alla presenza di alcuni predicatori stranieri, provenienti dal Kenya e dalla Tanzania, ma questa predicazione estremista ha incontrato il favore di una parte soprattutto dei giovani e soprattutto in aree nelle quali era diffuso un sentimento di frustrazione e di ostilità nei confronti del governo. Aree che si sentivano dimenticate dall’azione del governo e quindi chi era scontento, chi era frustrato, soprattutto giovani hanno trovato nella proposta islamista un modo per esprimere la loro rivolta. Purtroppo armata”.

L'Onu: "situazione disperata"
L’Alto Commissario Onu per i diritti umani ha chiesto poi “misure urgenti” per proteggere i civili della provincia di Cabo Delgado”, che vivono una “situazione disperata” per ‘l’insurrezione jihadista. Le popolazioni rimaste, ha detto l’Alto commissario Michelle Bachelet , “sono state private dei beni di prima necessità e rischiano di essere uccise, di subire abusi sessuali, di essere rapite o reclutate con la forza da questi gruppi armati”. 

Il governo del Mozambico ha provato a reagire ma, spiega ancora don Angelo, deve fronteggiare anche un’altra emergenza nel centro del Paese, “che è provocata da frange ribelli della Renano che non accettano gli ultimi accordi di disarmo firmati poco prima della visita di Papa Francesco (nel settembre 2019, ndr) e che hanno compiuto diverse azioni armate”. È stato anche chiesto “il sostegno dell’Unione Europea, che è stato garantito soprattutto per quanto riguarda l’assistenza umanitaria ai profughi interni, mentre si discute sempre più apertamente di un possibile intervento internazionale, non si sa bene di che tipo però mi sembra che chiaramente ci sia la necessità di aiutare il Mozambico a uscire da questa crisi”.

Michele Raviart

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