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mercoledì 10 giugno 2020

Immigrati respinti in Libia, carne da cannone nella guerra. Catturati dalla Guardia Costiera, fatti sparire e mandati a morire

Il Manifesto
Nel corso del 2020 sono scomparsi 1.715 rifugiati: catturati dalla Guardia costiera di Tripoli finanziata dall’Italia, vengono portati nel lager di Triq al Sikka dove diventano braccia per il conflitto per le milizie di al-Sarraj.


L’Onu ha segnalato la recente scomparsa di più di 1.700 rifugiati nel sistema dei lager libici. Ha eseguito un rapido calcolo: nei primi cinque mesi del 2020, 3.150 persone in fuga dalla Libia sono state catturate in mare. Sono state tutte sbarcate nel porto di Tripoli. Ma solo 1.400 si trovano nei lager libici sotto il controllo del Governo di accordo nazionale (Gna). 1.715 rifugiati respinti in Libia dal mare e presi in custodia nel 2020 dalla cosiddetta Guardia costiera libica risultano spariti nel nulla.
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In questi mesi tutti i gruppi di attivisti che si occupano di Libia hanno ricevuto appelli e segnalazioni da parte dei parenti degli scomparsi. Molte più di quanto ne ricevono di solito.

In diversi casi c’è stata un’ultima chiamata dal mare, con il telefono satellitare, che avvisava dell’imminente arrivo di una motovedetta della Guardia costiera. Poi più nulla. Fin qui niente di anomalo: la prima cosa che i libici fanno quando intercettano un gommone è requisire il telefono satellitare. Ma poi nessuno dei passeggeri ha mai più contattato i parenti a casa. Questo no, non è normale. I rifugiati deportati in Libia riescono sempre a far pervenire un messaggio a casa.
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È a Triq Al Sikka  che nel 2020 spariscono le persone. Non tutte, solo alcune. Viene fatta una selezione fisica: i più alti, i più forti vengono scelti per la guerra e separati dagli altri È il centro di reclutamento degli schiavi-soldato, ceduti dalle guardie alle terribili milizie che combattono per al-Sarraj (Gna).
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Già nel gennaio 2020 l’Unhcr temeva che i migranti venissero utilizzati come schiavi-soldato.
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Il sistema di Tajoura, come lo descrivono testimonianze del 2019, era semplice, rozzo: chi rifiutava di combattere veniva ucciso.

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Nel 2020, in Libia, gli schiavi-soldati sono persone che ufficialmente non esistono. Prima si fanno sparire, poi si fanno combattere. Carne da macello, spedita in prima linea, sfruttata finché si muove, seppellita e sostituita rapidamente quando muore. Nessun nome. Nessuna memoria.

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