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lunedì 21 aprile 2014

Testimonianza dal Centrafrica: tra gli orrori della guerra le suore con coraggio salvano 4mila rifugiati

Città Nuova
Una religiosa appena rientrata da Bangui ci racconta le indicibili sofferenze della popolazione e l'eroismo delle sue consorelle che hanno salvato la vita a quattromila rifugiati. Mercoledì è stato rapito il vescovo e giovedì è stato ucciso un sacerdote. Si continua a sperare e a chiedere la pace


In questi lunghi mesi di guerra nella Repubblica centrafricana, suor Lorenza è stata la voce, attraverso cui, anche Città Nuova ha potuto raccontare l'orrore di un conflitto assurdo, gli eroismi delle religiose, l'impegno dei medici. L'11 marzo, in piena crisi politica, suor Fiorenza ha preso di corsa un volo per raggiungere le sue consorelle. Lasciamo a lei la parola.

«Appena iniziata la manovra di atterraggio, appare sotto di noi uno sterminato campo profughi, un immenso ammucchiarsi di tende. Una voce dal microfono ci dà il benvenuto a Bangui e ci ricorda che è proibito scattare fotografie.

È da più di un anno che la popolazione soffre, e le nostre suore hanno vissuto momenti difficilissimi: alcune sfollate e rifugiate come tanti nelle parrocchie, altre minacciate per aver accolto famiglie che sono rimaste senza casa perché bruciata dai ribelli. Le chiese, case di Dio, sono diventate case del popolo, dove tanta gente ha trovato riparo. La nostra missione di Bouca a 400 chilometri da Bangui, è stata rifugio di più di quattromila persone che sono state risparmiate ai massacri, grazie al coraggio delle suore, Figlie di Maria Missionarie, che le hanno accolte nelle aule della scuola e nel cortile. I militari sono arrivati, hanno circondato la missione e intimato ai missionari di far partire i rifugiati, minacciando di uccidere tutti se l’ordine non fosse stato eseguito. I missionari hanno scelto di morire insieme ai rifugiati piuttosto che costringerli a fuggire. La loro determinazione nel sostenere la decisione, ha significato la salvezza per tutti.

Purtroppo, le atrocità continuano, molti sono ancora bloccati in campi di fortuna, dove le condizioni di vita rimangono precarie. Non vi è ancora stato alcun passo in avanti per incrementare l’assistenza umanitaria di cui c’è estremo bisogno. Con la stagione delle piogge, le poche équipe che lavorano in ambito igienico-sanitario, stanno lottando per non lasciare il terreno dove vivono gli scampati, si trasformi in una palude. La possibilità di focolai di malattie aumenta ogni giorno che passa e la situazione nutrizionale è al collasso. "Medici senza frontiere" sta facendo di tutto per rispondere ai bisogni degli sfollati e le altre agenzie umanitarie devono riadattare la propria strategia all’emergenza in corso.

Ho visitato Bouca, dove negli anni passati ho lavorato per otto anni: una vera desolazione. Interi quartieri sono stati bruciati. Il tetto delle case, fatto di paglia, è completamente andato in fumo. C’è tanta, tanta riconoscenza nei confronti delle suore, gratitudine per la loro presenza. Molti tra gli abitanti, hanno detto: «Senza le suore sarei già cadavere». Grazie alla preghiera di tanti ed alla tenacia delle suore, molte vite umane sono state risparmiate e si può continuare a credere nella presenza di Dio che salva.

In questi momenti difficili le mie consorelle si sentono sostenute dallo spirito missionario trasmesso dal nostro fondatore padre Giacinto Bianchi che diceva alle prime missionarie. «Bisogna correre dove maggiore è il pericolo per aiutare a salvare l’umanità. Siate miracolo di gioia cristiana in mezzo alle tante difficoltà che la vita presenta.»

La nostra scuola “Siriri” (che vuol dire “Pace”) di Bangui ha riaperto i battenti e si fa lezione fra spari e scoppi di granate. A Bouca le suore stanno sensibilizzare i genitori per mandare i bambini a scuola; si va molto piano, ma dobbiamo comprendere la perplessità dei genitori che hanno paura di fare uscire i figli che corrono il pericolo di essere sequestrati per farne bambini soldati. In tutto il Centrafrica ne sono stati arruolati più di seimila. È una pena incontrare per le strade soldati armati che ci controllano, molti dei quali sono bambini.

Ho incontrato tanti bambini e tante famiglie che conosco da parecchi anni, vi assicuro che la fame e la sofferenza hanno sfigurato i loro volti, gli atti di violenza di cui sono stati testimoni e anche vittime, hanno cambiato le loro coscienze, più di una persona mi ha detto. “Non sono più la stessa!” Sì, bisogna costruire ciò che è stato distrutto, ma la cosa più difficile è ricostruire i cuori, sanare le ferite e formare cuori nuovi. Tuttavia, nonostante l'estrema povertà, la paura e lo squallore di quelle tende (abitazioni), tanti bambini riuscivano a correrci incontro con ancora un sorriso, con ancora la voglia di abbracciare.

Mercoledì il vescovo del luogo è stato rapito assieme a tre sacerdoti e dopo una notte di interrogatori incessanti è stato rilasciato. Ha provato a lasciare la curia, ma una raffica di proiettili glielo ha impedito, mentre proprio giovedì un giovane prete del paese di Paoua è stato assassinato, secondo fonti d'agenzia dai ribelli Seleka.

Ho voluto condividere ciò che ho vissuto perché anche voi possiate pregare per questa realtà sofferta e chiedere e credere che la pace sia ancora possibile».

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