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sabato 5 aprile 2014

Myanmar - Nel silenzio internazionale il dramma dei Rohingya

MISNA
Oltre 800.000 persone, Rohingya, sono state private di cibo e di assistenza sanitaria dopo che gli operatori stranieri di alcune organizzazioni internazionali tra cui Medici senza Frontiere (Msf), il Programma Alimentare Mondiale (Wfp), l’Organizzazione Mondiale per la Sanità (Who), hanno dovuto lasciare le aree dello Stato di Rakhine. 

Ai 140.000 Rohingya che vivono nei campi senza possibilità di allontanarsi, di procurarsi lavoro e sopravvivono solo grazie al cibo, all’acqua e all’assistenza umanitaria che vengono loro distribuite, si uniscono altri 700.000 , fuori dei campi. Nel censimento nazionale iniziato alcuni giorni fa e che si concluderà il 10 aprile, a loro è stato negato di registrarsi con la loro identità di Rohingya.

Su questa grave situazione della minoranza etnica Rohingya che da secoli vive nel Myanmar, MISNA offre una parziale trascrizione dell’intervista rilasciata ieri all’emittente Press TV da Sarnata Reymolds, consulente capo della ong Refugees International, in cui l’esperta ricostruisce la persecuzione sistematica della minoranza etnica Rohingya da parte della maggioranza Buddista in Myanmar, nell’indifferenza di gran parte della stampa internazionale.

Sappiamo che gli operatori delle organizzazioni di aiuto nello Stato Rakhine sono stati mandati via con la forza dopo che squadre di manifestanti li hanno assaliti accusandoli di aiutare solo i musulmani. Ora alcuni dicono che il governo è responsabile per queste azioni avendo espulso dalla zona Medici senza Frontiere, accusati di aver curato vittime del massacro contro i Rohingya. Qual è la sua opinione al riguardo ?

E’ ovvio che il governo del Myanmar ha la responsabilità di far si che l’assistenza data sia giusta e sicura. In questo momento questo non avviene nell’area di Sitway (città al nord dello Stato Rikhine/Arakhan) poiché gli operatori e le loro strutture sono stati assaliti. Non ci sono scuse per questi fatti e il governo ha la responsabilità di assicurare il loro ritorno perché la popolazione Rohingya ha necessità di cibo e di assistenza medica per sopravvivere. Essi devono ritornare in fretta, sicuri di non essere continuamente minacciati.

Quale la sua opinione sul censimento in corso nel paese ?
Il censimento doveva svolgersi in conformità con le norme internazionali. Il governo aveva detto molto chiaramente che lo avrebbe fatto e le Nazioni Unite speravano che ciò venisse fatto. Invece sta accadendo che i Rohingya non possono registrasi con la loro identità e così non possono essere inclusi nel censimento che, di conseguenza, non registrerà tutta la gente e alla fine i conti non saranno corretti né credibili secondo le norme internazionali.

Come mai il Fondo per la Popolazione delle Nazioni Unite (Unfpa) prima di decidere di cooperare per il censimento con il governo del Myanmar non ha chiesto che la legge 1982 che riconosce 135 gruppi etnici presenti nel paese, escludendo i Rohingya, venisse abrogata o modificata ?
Questa è una buona domanda. La Unfpa è coinvolta nel censimento ma non è, a mio modo di vedere, una organizzazione che interviene sulle leggi nazionali, e su come queste vengono applicate o stilate. Senz’altro doveva esprimersi in proposito e, per quanto ne so, il governo ha detto pubblicamente che avrebbe collaborato perché il censimento seguisse le norme internazionali. Ora ciò non sta avvenendo.

Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace, è stata messa in questione sul suo ruolo tenuto su questo argomento. Conosciuta e stimata in occidente per la sua lotta per i diritti umani, fino ad ora è rimasta in silenzio sul problema dei Rohingya. Alcuni sostengono che una sua parola farebbe scoppiare il problema e la situazione dei Rohingya riempirebbe le prime pagine della stampa internazionale. Perché non ha ancora parlato?Questi sono problemi strutturali, storici, profondamente e politicamente radicati. Non ho discusso con lei di questo problema per cui non so perché lei non ne abbia ancora parlato chiaramente. Quello che posso dire è che dovrebbe essere una priorità della comunità internazionale, dovrebbe essere sulle prime pagine della stampa di ogni paese e, certamente, dovrebbe essere tra le priorità sull’agenda degli ufficiali di ogni governo che parlano ed interagiscono con i rappresentanti del governo birmano.

[PL]

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