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martedì 29 aprile 2014

Iran, Teheran, massacro nel carcere di Evin il "giovedí nero" dei detenuti nel braccio 350

La Repubblica
Centinaia di guardie carcerarie hanno fatto irruzione nel braccio Ward 350 del penitensiario nelle periferia della capitale iraniana. I detenuti sono stati picchiati a bastonate. Molti sono stati ricoverati in terapia intensiva. La denuncia del giornale Kamele. L'attacco é iniziato dopo che i detenuti politici si erano rifiutati di lasciare le loro celle durante un controllo di sicurezza


Teheran - Lo hanno già chiamato il "giovedí nero" dell'Iran, il 17 aprile scorso dopo l'attacco dei Pasdaran ad un gruppo di prigionieri politici nel braccio 350, nel famigerato carcere di Evin, 16 chilometri dal centro di Teheran. 

É stato il giornale Kaleme ha darne notizia per primo. Il 17 aprile agenti del IRGC, il ministero dell'Intelligence e centinaia di guardie carcerarie hanno fatto irruzione nel braccio Ward 350 del carcere di Evin e picchiato violentemente i detenuti con bastoni e altre armi contundenti. Almeno trenta prigionieri sono stati feriti durante l'assalto e quattro prigionieri sono stati trasferiti in terapia intensiva. L'attacco é iniziato dopo che i detenuti politici si erano rifiutati di lasciare le loro celle durante un controllo di sicurezza. Le guardie avrebbero agito con violenza estrema, hanno distrutto televisori, attrezzature ed effetti personali. I prigionieri di questo reparto, accusati di attentare alla sicurezza dello Stato, includono blogger, giornalisti e centinaia di iraniani fermati durante le manifestazioni di protesta contro la rielezione di Ahmadinejad nel 2009.

Bastonati alle spalle.
 Uno dei prigionieri ha raccontato alla famiglia: "Ci hanno tenuti in fila, in piedi, di fronte al muro nel corridoio mentre ognuno di noi veniva ammanettato e bendato. Hanno cominciato a picchiarci da dietro con i manganelli. Si sentivano le urla, si sentiva l'odore del sangue". Almeno trentadue prigionieri politici sono stati trasferiti in isolamento (Ward 240) e osservano ancora oggi lo sciopero della fame. Le famiglie di questi detenuti non hanno loro notizie dal giorno dell'aggressione. Alcuni prigionieri sostengono di aver avuto fratture alle braccia, alle costole e alle gambe. Per protestare contro questo attacco settantaquattro detenuti hanno scritto una lettera di denuncia sollecitando il procuratore di Teheran ad interessarsi della questione. La lettera é visibile sul sito dell'opposizione Kaleme in cui si annoverano i nomi dei feriti e i dettagli dell'incidente.

Le proteste delle famiglie. In tutto questo il Presidente Hassan Rohani non si é ancora pronunciato e molti attivisti temono invece che questo attacco sia stato progettato proprio per dare un segnale al nuovo Governo moderato aperto all'Occidente. Il messaggio é chiaro: sulla Magistratura e i prigionieri politici non si discute. Le famiglie dei detenuti picchiati hanno protestato nei giorni scorsi davanti al Parlamento e sotto la casa di Rouhani per chiedere di far luce sulla vicenda. Alcuni parlamentari iraniani hanno reclamato l'apertura di un'inchiesta sui pestaggi subiti; la decisione è stata presa all'indomani di un incontro con i familiari dei detenuti. Le famiglie hanno raccontato di aver visto segni di sanguinamento, escoriazioni, echimosi e pesanti lividi su decine di corpi dei loro cari. "Quando hanno tirato su le tende e abbiamo visto i nostri parenti tutti abbiamo cominciato a piangere."

Le autorità negano.
 Il capo della sicurezza e delle carceri iraniane, Gholam Hossein Esmaeili, ha negato tutto, aggiungendo che si tratta solo di propaganda contro la Repubblica Islamica. Due giorni dopo, peró, nonostante le smentite, è stato rimosso dall'incarico e sostituito da Asghar Jahangir, attuale capo dell'ufficio per le Indagini Speciali della Magistratura. Anche il Ministro della Giustizia Mostafa Pourmohammadi ha tentato di minimizzare gli incidenti cosí come l'Ayatollah Sadegh Larijani, capo della Magistratura iraniana, il quale ha affermato che nessuna violazione si è verificata all'interno del carcere. Larijani anzi sostiene che questi episodi siano stati appositamente orchestrati da persone contrarie allo Stato che insieme ai nemici al di fuori dell'Iran rilanciano le loro ambizioni sediziose. Nonostante peró le incisive negazioni da parte delle autoritá il giornale riformista Ebtekar é stato chiuso due giorni fa accusato di ''diffondere menzogne'' proprio in relazione all'articolo 'cosa é successo nel reparto di Evin 350?' in cui si lanciano sospetti sulla sostituzione del responsabile delle carceri iraniane.

La solidarietá iraniana. Le Autoritá non hanno peró fatto i conti con i frequentatori della Rete internet, perché ormai la foto del detenuto Abdolfattah Soltani, avvocato e difensore dei diritti umani, sta spopolando sui social network. Le guardie lo hanno rasato a zero in segno di umiliazione e ora é nata la pagina Facebook dal titolo "Con i prigionieri politici della sezione 350 del carcere di Evin", sulla quale familiari e amici postano le foto delle loro teste rasate con la scritta "sarfaraz" 350 (orgoglioso) in segno di solidarietá.  

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