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mercoledì 1 maggio 2013

Rimini: Comunità Giovanni XXIII; 5 detenute con i loro bambini lasciano la cella per fare le mamme

Avvenire
Per cinque mamme detenute a Rebibbia con figli al di sotto dei 3 anni si aprono le porte del carcere: potranno uscire e scontare una pena alternativa nelle strutture della Comunità Papa Giovanni XXIII. 


È il primo frutto della collaborazione fra movimenti cattolici che prestano servizio nelle carceri, e lo hanno raccolto i mille partecipanti del pellegrinaggio “Fuori le sbarre” che domenica ha unito il carcere di Rimini con il duomo della città.
 “Dobbiamo gridare a tutti che il carcere va superato, riconvertito in comunità in grado di accogliere sul territorio chi ha sbagliato e deve riparare”. 
Sotto un tiepido sole, Giovanni Paolo Ramonda ha dato il via alla quarta edizione del pellegrinaggio organizzato dalla Papa Giovanni XXIII che unisce chi sta dentro con chi sta fuori. 

Per alzare la voce, il responsabile della comunità fondata da don Oreste Benzi usa il metodo delle proposte supportate dai numeri che parlano da soli. 
Il nuovo Governo si prenda cura del dramma carcerario. E necessario che i detenuti si riconcilino con se stessi e con le vittime dei reati, e inizino a lavorare nella società, e con costi minori per lo Stato”.

 L’esperienza della casa “Madre del Perdono”, nella Valconca riminese, dice che è possibile. 

Nel 2012 ha accolto 103 recuperandi facendo risparmiare allo Stato 8mila euro al giorno e abbassando la recidiva al 10% contro l’attuale 75%

Accompagnato dallo slogan “Non c’è sicurezza senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono!”, il corteo si e mosso dalla casa circondariale di Rimini verso il centro storico preceduto da una grande croce di legno. In testa al corteo, oltre a Ramonda, don Virgilio Balducchi, ispettore generale dei cappellani delle carceri, don Andrea La Regina della Caritas e Stefania Tallei, comunità di Sant’Egidio. 

Ci sono pure 80 detenuti, di cui Giovanni e Francesco, due ergastolani ostativi, quelli del “fine pena mai”: sono a Rimini in permesso premio. 

“Il mondo carcere non va relegato in un angolo, è parte della società”, commenta Nicola Boscoletto, presidente della Cooperativa padovana Rebus. Il vescovo di Rimini Francesco Lambiasi ha accolto il corteo all’arco d’Augusto con una richiesta: rallentare la marcia per favorire la distribuzione di materiale e sensibilizzare così i cittadini. 

“Le pene alternative sono la soluzione definitiva” rilancia Maurio Cavicchioli, del “Servizio carcere” della Papa Giovanni. E non è un paradosso. Ne è convinto pure Raffaele Martinez. “I movimenti ecclesiali hanno una grande responsabilità: - ha detto il presidente di RnS - non devono solo elevare preghiere, che non mancano, e neppure provvedere solo a opere di carità dall’esterno. 
È necessario offrire cammini di redenzione dentro e fuori dal carcere”. Nessuno però può vincere questa battaglia da solo. “Ma la comunione tra soggetti moltiplica la fantasia della carità e aumenta la prospettiva di bene”. Giorgio Pieri, responsabile della Casa Madre del Perdono, dà la notizia delle cinque mamme con figli neonati accolte (sono 60 in Italia quelle che stanno crescendo i loro piccoli in prigione). 
Di queste, una è del Ruanda ed è incinta di sette mesi, epilettica da accogliere urgentemente; un’altra è africana e tre sono Rom. Quindici Case Famiglia han già dato disponibilità per accogliere mamme con bambini. 
Cinque detenute di Rebibbia sconteranno la pena nelle strutture della Comunità Papa Giovanni XXIII.

Vedi anche:
Rimini: Sant'Egidio marcia insieme alle Associazioni cattoliche per un carcere più umano

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