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martedì 3 giugno 2014

Cina - Anniversario Tiananmen, al culmine la censura di internet

MISNA

Oggi, giornata che ricorda l’avvio della repressione (3-4 giugno 1989) della protesta studentesca in piazza Tiananmen, è arrivata al culmine la censura di Internet, secondo un piano avviato da tempo. Una censura a cui equivale, nelle aree più sensibili della grande Cina, a partire proprio dal luogo simbolo della protesta, uno stretto controllo del territorio, il blocco dell’informazione non ufficiale, l’arresto di presunti dissidenti, intellettuali e il controllo stretto di individui, gruppi o iniziative che potrebbero in qualche modo ricordare ai cinesi eventi mai apparsi sui libri di storia ufficiali e che la leadership ha cercato nell’ultimo quarto di secolo di cancellare dalla memoria collettiva.

Ultimo a cadere vittima della repressione online che si è dotata negli ultimi anni di strumenti perfezionati ma non impermeabili, come “il Grande Firewall cinese” che impedisce l’accesso a Facebook, Twitter e YouTube, è stato Google. Dopo il parziale ritiro dal paese nel 2010, proprio per problemi di censura, il servizio ha ora uno share di utilizzo rispetto ai social network attivi in Cina, di solo 1,2%, ma a essere state irraggiungibili oggi sono soprattutto le versioni straniere e quella globale: Google.com. Il motore di ricerca, in condizioni normali ampiamente utilizzabile attraverso la versione con base a Hong Kong, risulta oggi inaccessibile agli utenti della Repubblica popolare cinese.

Da giorni, anche portali e social network sono parzialmente disabilitati, in particolare nelle funzioni di ricerca.

Come denunciato anche da organizzazioni internazionali per i diritti umani, nelle ultime settimane decine di attivisti per i diritti umani e per le libertà civili, ma anche studenti e intellettuali sono stati arrestati e detenuti, in molti casi senza accuse formali.

Il tentativo di contrastare ogni iniziativa di coscientizzazione su Tiananmen – dove persero la vita almeno 200 manifestanti, ma per fonti indipendenti anche mille e oltre – che si avvale non solo di una massiccia presenza della polizia giustificata dal rischio di sanguinosi atti dimostrativi come quelli che negli ultimi mesi sono stati attribuiti a separatisti musulmani di etnia uigura, ma anche di 850.000 volontari che secondo le autorità sarebbero impegnati in una campagna anti-terrorismo della durata di 12 mesi.

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