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martedì 7 gennaio 2020

10 anni fa. Dopo la rivolta di Rosarno nulla: stranieri più nascosti e sempre sfruttati.

Avvenire
I braccianti immigrati reagirono contro lo sfruttamento e la violenza della ’ndrangheta, dei caporali e degli imprenditori fuori legge. Ma cambiare le cose sembra impossibile.

Un ragazzo africano cammina lentamente con una busta di plastica in mano. Si ferma davanti a un cassonetto dei rifiuti. Rovista all’interno e tira fuori della frutta mezza marcia che infila nella busta. Bartolo ferma l’auto. Scende. «Hai fame? Vuoi qualcosa da mangiare?». E tira fuori dal baule pasta, riso, latte, biscotti. Il ragazzo lo guarda prima stupito ma poi gli occhi si illuminano. «Grazie papà. Buona giornata».

Comincia così, poco dopo l’alba, la nostra giornata del ricordo. È il decennale della rivolta di Rosarno quando il 7 gennaio 2010 i braccianti immigrati reagirono contro lo sfruttamento e la violenza della ’ndrangheta, dei caporali e degli imprenditori fuori legge. Allora eravamo qui e ci accompagnava proprio Bartolo Mercuri, "Papà Africa", presidente dell’associazione "Il Cenacolo", che da vent’anni è al fianco dei poveri e degli abbandonati, immigrati e italiani, soprattutto i più nascosti.

In questi dieci anni è stato la nostra guida, assieme a don Roberto Meduri, altro "angelo" degli immigrati, parroco di S.Antonio al Bosco di Rosarno, contrada da dove partì la rivolta. E anche quest’anno Bartolo ci aiuta a trovare gli "invisibili" e a riflettere su cosa stia accadendo.

«Dopo 10 anni non è cambiato niente. Solo che non c’è più la baraccopoli. Ma i ragazzi vivono sempre allo stesso modo». La terribile e disumana baraccopoli di San Ferdinando, dove vivevano più di duemila persone, è stata smantellata il 6 marzo 2019, ma nulla è stato fatto per dare un’accoglienza degna ai lavoratori immigrati che comunque anche quest’anno sono arrivati per la raccolta degli agrumi.
Necessari ma sempre sfruttati e, questo anno, sempre più nascosti.


Antonio Maria Mira, inviato a Rosarno (Reggio Calabria)

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