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martedì 28 gennaio 2020

Libia - Alla rotonda Fashelom, a Tripoli, il «discount del soldato»: qui le milizie reclutano tra i giovani che attendono di partire. «Vuoi un lavoro da muratore? Vai in prima linea»

Corriere della Sera
I ghanesi, no. «Non sanno neanche come si tiene in mano un mitra». I ciadiani, sì. «Quelli si sentono libici e hanno voglia di combattere». Anche gli eritrei vanno bene. «Sono soldati nati». Il meglio però restano i sudanesi: «Molti sono arrivati qui come mercenari e per loro è facile prendere un compaesano e reclutarlo nelle milizie…». 
La rotonda Fashelom, alla periferia di Tripoli, è il discount del soldato. L’outlet del mercenario low cost. Il self service del migrante da arruolare. 

Alle sei del mattino la scena è identica a questa rotonda e in tutte le città della Libia, in Tripolitania e in Cirenaica, al mercato dell’ovest di Sarraj e alla fiera dell’est di Haftar. Si cerca carne da cannone. E l’ufficio di collocamento per la guerra è ovunque, fra i palazzi in costruzione o nel retro dei bar. In Libia, al contrario di quel che si crede, non è più d’un migrante su dieci a stare nei centri di detenzione: gli altri sono per le strade, liberi di sognare l’Italia e poco altro, spesso in condizioni non meno terribili.

di Francesco Battistini

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