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mercoledì 24 luglio 2013

Roma: a Rebibbia e Regina Coeli è allarme sovraffollamento, troppi detenuti, pochi agenti

Il Messaggero
"Dignità, dignità" hanno urlato ieri mattina i detenuti della terza sezione di Regina Coeli all'arrivo del presidente della Camera Laura Boldrini. E gli agenti di polizia penitenziaria le hanno chiesto: "Torni un'altra volta presidente, ma senza preavviso: troverà un solo agente su tre piani per 250 detenuti".

Voci arrabbiate dalle carceri romane che raccontano di istituti pronti a esplodere, di attese infinite per un dentista o una lastra, di celle dove c'è ancora la fogna aperta e gli escrementi dopo una settimana vengono a galla, di poliziotti aggrediti nel tentativo di salvare una donna che vuole tagliarsi le vene. Queste sono le condizioni delle carceri romane: a Regina Coeli ci sono 1250 detenuti, invece dei 750 previsti, a Rebibbia sono 2.500, almeno seicento in più. Le statistiche dicono che trentacinque detenuti su cento sono stranieri. E che il 25,30 per cento è tossicodipendente.

Dall'altra parte delle sbarre ci sono gli agenti di polizia penitenziaria: ma le difficoltà, i disagi, le condizioni pessime sono le stesse. Nella casa circondariale di Trastevere invece di 614 agenti ne lavorano circa 450. Stesse carenze a Rebibbia, tra femminile, nuovo complesso e reclusione: un migliaio, invece ne servirebbero altri quattrocento. Fino ad oggi le associazioni hanno già contato 53 decessi tra i carcerati, tra suicidi e morti naturali.

Secondo l'Osservatorio sulle condizioni di detenzione di Antigone onlus "nei penitenziari italiani c'è un suicidio ogni cinque giorni, un bollettino di guerra". "E nel 2013 si sono suicidati anche sette agenti - racconta Donato Capece, del sindacato autonomo il segretario generale del sindacato autonomo di polizia penitenziaria, il Sappe - perché nel carcere si muore. Le condizioni di estremo disagio cancellano qualunque tipo di soluzione. Il sovraffollamento crea tensione, abbrutimento e tira fuori il peggio di ognuno".

Secondo le normative comunitarie un detenuto dovrebbe avere a disposizione sette metri quadrati in una cella singola; mentre adesso, in molte celle i detenuti non possono scendere tutti contemporaneamente dai letti a castello, che spesso sono a quattro piani, perché non ci sarebbe spazio sufficiente per stare tutti in piedi. Secondo la Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo l'Italia viola i diritti dei detenuti tenendoli rinchiusi in meno di tre metri quadrati. Per il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano "una mortificante conferma della incapacità del nostro Stato a garantire i diritti elementari dei reclusi". Parole che anche ieri ha ripetuto ai detenuti il presidente della camera, Laura Boldrini: "Il sovraffollamento delle carceri è una condizione inaccettabile in un Paese come l'Italia".

Daniele Nicastrini, sindacalista Uil penitenziaria, conosce storie e vita disperate di agenti e detenuti: "Nel femminile di Rebibbia tre agenti sono state aggredite poche settimane fa: avevano provato a salvare una giovane detenuta che voleva uccidersi. Noi continuiamo a lavorare senza strumenti, a mani nude nonostante tossicodipendenti, malati di Aids. Viviamo e lavoriamo in una situazione precaria: anche quest'estate.

Un esempio? A Regina Coeli il piano ferie è stato disegnato dall'amministrazione senza l'accordo sindacale perché non vengono rispettati i livelli di sicurezza, nemmeno quelli minimi. A Rebibbia, invece, l'accordo è stato firmato solo perché in alcuni reparti verranno fatti turni più lunghi, per coprire la mancanza di personale". Tutto chiaro, no. "Eppure una cosa concreta da fare ci sarebbe - propone Nicastrini - rimandare a Rebibbia quasi trecento dipendenti distaccati ad altri servizi extra penitenziari al ministero di Giustizia".

Pompeo Mannone, segretario generale della Federazione della sicurezza della Cisl dice: "I provvedimenti in discussione in Parlamento sulle misure alternative alla pena e la messa in prova devono essere approvati rapidamente e prima della pausa estiva".

A Regina Coeli più del 40 per cento dei detenuti è in attesa di condanna definitiva, come nelle altre carceri. "Nessuna sorpresa: in Italia sono oltre 14mila le persone in attesa del primo giudizio, tutti presunti non colpevoli puri - racconta Riccardo Arena di Radio carcere - come quel ventenne in carcere per concorso in omicidio: dopo quattro anni la Cassazione ha annullato le due prime sentenze e la Corte d'Assise d'appello lo ha assolto".

di Beatrice Picchi

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