Dopo l’annuncio della candidatura del presidente Pierre Nkurunziza per un terzo mandato alle elezioni di giugno, si sono scatenate le proteste dell’opposizione e della società civile
La cronologia della crisi in Burundi
La cronologia della crisi in Burundi

La storia postcoloniale del Burundi, un piccolo paese dei Grandi Laghi, è segnata da una lunga guerra civile e da violenze tra diverse etnie. Ecco una cronologia della storia e dei conflitti degli ultimi decenni nel paese.
- Nei primi anni dopo l’indipendenza, ottenuta nel 1962, il potere è in mano all’etnia dei tutsi, che rappresentano il 14 per cento della popolazione. Gli hutu sono l’85 per cento della popolazione (10,5 milioni di abitanti nel 2013).
- Nel 1973 una sommossa degli hutu contro i tutsi innesca una rappresaglia che provoca 200mila morti.
- Nel 1976 un colpo di stato porta al potere Jean-Baptiste Bagaza, che nel 1987 viene rovesciato da Pierre Buyoya. Sono entrambi tutsi.
- L’assassinio del primo presidente hutu, Melchior Ndadaye, nell’ottobre del 1993, in un tentativo di colpo di stato fomentato da militari tutsi, è seguito da nuovi massacri. Scoppia la guerra civile tra l’esercito, guidato dall’etnia tutsi, e i ribelli hutu.
- Il successore di Ndadaye, Cyprien Ntaryamira, viene ucciso nell’aprile del 1994.
- Nel luglio del 1996 un colpo di stato riporta al potere Pierre Buyoya, che avvia i negoziati con l’opposizione e l’esercito. Nel 2000 viene firmato un accordo di pace ad Arusha, in Tanzania, ma i due principali movimenti ribelli si rifiutano di firmare.
- Il paese si dota di una costituzione che stabilisce delle quote tra le etnie all’interno delle istituzioni politiche, amministrative e militari. Il 19 agosto 2005 l’ex capo ribelle hutu, Pierre Nkurunziza, viene eletto presidente dal parlamento. È l’unico candidato in questo primo scrutinio dal 1993. Il suo partito, il Consiglio nazionale per la difesa della democrazia-Forze per la difesa della democrazia (Cndd-Fdd), era il principale gruppo ribelle e aveva deposto le armi alla fine del 2003.
- Nel 2006, il governo e le Forze nazionali di liberazione (Fnl) firmano un cessate il fuoco. La guerra civile, durata dal 1993 al 2006, ha fatto circa 300mila morti, in gran parte civili.
- Le tensioni tra l’esercito e le Fnl continuano e tra aprile e maggio del 2008 gli scontri provocano almeno cento vittime. A maggio le due parti firmano un nuovo cessate il fuoco.
- Il 28 giugno 2010 Nkurunziza viene rieletto in un voto boicottato dall’opposizione, che denuncia frodi. Il voto è seguito da tensioni e violenze. Il governo è accusato di reprimere la libertà d’informazione e politica.
- Nel 2014 la crisi politica si acuisce. Il 5 febbraio tutti i ministri del principale partito tutsi lasciano il governo, dominato dal Cndd-Fdd, in conflitto con il presidente Nkurunziza, accusato di reprimere il dissenso. A marzo diversi sostenitori dell’opposizione sono condannati all’ergastolo per avere partecipato a una manifestazione illegale.
- Il 15 aprile 2015 l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani avverte del pericolo di “violenze e intimidazioni” in vista delle elezioni comunali, legislative e presidenziali previste per maggio e giugno.
- A metà aprile cominciano le manifestazioni dell’opposizione e della società civile contro la probabile candidatura del presidente Pierre Nkurunziza per un terzo mandato. L’articolo 96 della costituzione prevede che il capo di stato sia eletto a suffragio universale diretto “per un mandato di cinque anni rinnovabile una volta”.
- Il 25 aprile il Cndd-Fdd designa Nkurunziza come candidato alle elezioni del 26 giugno. L’opposizione e la società civile convocano manifestazioni pacifiche, nonostante il divieto del governo. I manifestanti si scontrano con la polizia e con l’ala giovanile del Cndd-Fdd, chiamata Imbonerakure, definita “milizia” dalle Nazioni Unite. Le proteste continuano i due giorni successivi. La principale radio indipendente del paese, Radio publique africaine (Rpa), viene chiusa e Pierre-Claver Mbonimpa, attivista per i diritti umani e figura di spicco della società civile, viene arrestato e poi scarcerato.
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