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martedì 7 aprile 2015

Ancora tre condannati a morte in Gambia. Amnesty: processati a porte chiuse

Redattore Sociale
Appello dell’organizzazione contro la sentenza capitale nei confronti di tre soldati ritenuti coinvolti nel tentativo di colpo di stato di dicembre. Il paese, noto per continue violazioni dei diritti umani, ha ripreso la pratica dopo una moratoria di tre anni

Nairobi - Amnesty International ha lanciato un appello al governo del Gambia affinché ritiri la condanna a morte dei soldati detenuti responsabili del tentato colpo di stato lo scorso dicembre. Il 30 marzo 2015 tre soldati sono stati infatti condannati a morte dalla corte marziale, mentre ad altri tre è stato dato l'ergastolo. I processi hanno avuto luogo in stanze chiuse, senza la presenza di stampa o osservatori esterni.

“Il sistema giudiziario in Gambia non è affatto impeccabile, perciò temiamo per l'imparzialità dei processi, dato che sono stati tenuti in segreto”, spiega Stephen Cockburn, direttore regionale di Amnesty International in Africa orientale e centrale, che aggiunge: “Amnesty è contro la pena di morte in qualunque caso senza eccezioni. La pena di morte viola il diritto alla vita e rappresenta la punizione più crudele, inumana e umiliante. Molti paesi dell'Africa orientale stanno smettendo di attuarla ed è grave che il Gambia non abbia seguito questa tendenza”.

Secondo le ricerche condotte da Amnesty i soldati sarebbero stati dichiarati colpevoli di tradimento, cospirazione, ammutinamento e di supporto al nemico. Le ultime esecuzioni in Gambia sono state svolte nel 2012, quando nove prigionieri (otto uomini e una donna) furono fucilati da un plotone d'esecuzione. Dopo questo episodio è stata posta una moratoria sulle esecuzioni, che è però stata sospesa nel marzo 2015, quando il Gambia si è rifiutato di abolire la pena di morte come gli era stato proposto dall'Onu.

Il regime in Gambia è noto per continue violazioni dei diritti umani. A gennaio almeno 30 civili sospettati di aver preso parte al tentativo di colpo di stato sono stati trattenuti, ed è stato negato loro l'accesso agli avvocati e alle proprie famiglie. Nel novembre 2014 a ufficiali delle Nazioni Unite che stavano svolgendo un'indagine sull'impiego di torture è stato impedito di accedere alla prigione principale del paese.

In una dichiarazione ufficiale Amnesty esplicita la sua richiesta: “Chiediamo che le condanne a morte siano ridotte a periodi di detenzione, nell'attesa che si svolga un processo conforme ai canoni internazionali di giustizia e che non preveda la possibilità di pena di morte come verdetto”.

In esclusiva da News from Africa

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