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sabato 12 luglio 2014

Uzbekistan - Dilorom, in carcere per aver protestato: storie di persone in pericolo

TODAY
Con la presidenza italiana dell'Ue, Amnesty si appella al governo per ricordare come l'Europa da sempre promuova il rispetto dei diritti umani. Undici storie di persone in pericolo, che potrebbero essere salvate con un intervento del governo. 

La storia di Dilorom Abdukadirova, prigioniera di coscienza
Dilorom, in carcere per aver protestato: storie di persone in pericolo
Il 13 maggio 2005, Dilorom Abdukadirova si è unita alla protesta di migliaia di persone nella città di Andijan, per esprimere preoccupazioni sulla situazione economica del suo Paese, l'Uzbekistan. Le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco sui manifestanti e hanno ucciso centinaia di persone, tra cui donne e bambiniDopo la mobilitazione Dilorom è fuggita nel vicino Kirghizistan e ha ottenuto la residenza permanente come rifugiata in Australia.

LA STORIA DI DILOROM - Nel 2010 è tornata nel suo paese per riunirsi con la famiglia ma al suo arrivo ad attenderla c'erano le forze di sicurezza, che l'hanno arrestata con l'accusa di essere uscita illegalmente dall'Uzbekistan. Poco dopo è stata emessa la condanna: dieci anni e due mesi di reclusione e diverse accuse tra cui anche diffamazione e tentativo di sovversione dell'ordine costituzionale. Il processo si è svolto a porte chiuse nel carcere femminile di Tashkent e poco dopo la sentenza la sua condanna è stata aumentata di otto anni perché Dilorom è stata anche accusata di aver violato alcune norme carcerarie.

UN PAESE SENZA LIBERTA' - L'Uzbekistan è un paese con una storia travagliata, dove molte sono le limitazioni delle libertà di espressione e associazione. Spesso i detenuti hanno denunciato diversi episodi di maltrattamenti e torture e migliaia sono i prigionieri condannati a seguito di processi irregolari, spesso basati su confessione estorte tramite tortura.

In Uzbekistan vigono pesanti limitazioni ai diritti alla libertà di espressione, associazione e riunione. La tortura e il maltrattamento di detenuti e prigionieri da parte delle forze di sicurezza sono sistematici. Migliaia di prigionieri sono stati condannati dopo processi iniqui per le loro presunte convinzioni islamiche estremiste, con condanne basate esclusivamente su "confessioni" estorte sotto tortura.

COSA FARE - Tante sono le convenzioni internazionali sulla tortura, la maggior parte rettificati da molti paesi dell'Unione europea, tra cui il nostro. L'Italia, come presidente di turno dell'Unione dovrebbe fare pressione sulle autorità uzbeke per modificare il codice penale inserendo una disposizione per una più efficace protezione contro l'uso di prove e confessioni probabilmente estorte con tortura e maltrattamenti. Solo così sarebbe possibile un'indagine efficace che possa trovare i responsabili delle torture subite da Dilorom. Su questo è possibile firmare un appello sul sito di Amnesty International.

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