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venerdì 30 settembre 2016

Turchia Tra 5 mesi sarà finito il muro più lungo del mondo 911 km al confine con la Siria

La Stampa
La prima parte dell'opera, di oltre 200 chilometri, è stata ultimata nei dintorni di Reyhanli, uno dei distretti dove il flusso migratorio a partire dal 2011 è stato più forte.
Dalla politica dell'accoglienza ai muri divisori. 


Dopo mesi di fasi alterne, nelle quali i flussi migratori venivano assorbiti e contenuti, la Turchia di Recep Tayyip Erdogan ha pensato bene di chiudere la partita con l'erezione di un muro lungo tutti i 911 chilometri del confine siriano. La prima parte dell'opera, di oltre 200 chilometri, è stata ultimata proprio nelle ultime settimane. Interessa la zona dell'Hatay, soprattutto i territori nei dintorni di Reyhanli, uno dei distretti dove il flusso migratorio, a partire dal 2011 è stato più forte.

Ma Ankara non si è accontenta e adesso l'opera verrà estesa a tutta la frontiera, diventando, a tutti gli effetti, uno dei muri più lunghi del mondo. I lavori dureranno 5 mesi. Se la prima parte era stata portata a termine sotto il controllo del Ministero della Difesa, la seconda sarà supervisionata niente meno che dal Toki, l'Agenzia per la pianificazione dilizia, che in pochi anni ha costruito un milione di nuovi palazzi, con tutte le relative accuse di speculazione edilizia contro l'esecutivo islamico-moderato al governo dal 2002.
"La costruzione sarà ultimata in cinque mesi" hanno detto fonti governative al quotidiano Hurriyet, specificando che però in alcune zone, soprattutto Hakkari e Sirnak, dove di inverno le condizioni climatiche sono particolarmente rigide, ci potrebbero essere dei rallentamenti. Ancora un mistero i costi dell'operazione, ma fonti vicine al Toki hanno detto che dovrebbe aggirarsi intorno ai 672 milioni di dollari.
La Turchia per anni si è distinta per l'aver accolto sul suo territorio nazionale quasi 3 milioni di rifugiati siriani. Secondo le voci più vicine al governo il nuovo muro dovrebbe servire come filtro ai foreign fighters, che si annidano a migliaia sul territorio della Mezzaluna, con tutti i problemi di radicalizzazione conseguenti. Le voci più critiche credono che si tratti dell'ennesimo provvedimento per indebolire il PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, organizzazione terrorista-separatista che lotta per la creazione di uno stato indipendente. Ankara è accusata di battersi con fin troppo vigore contro questa siglia, trascurando l'opposizione a Daesh, con il quale in passato è stata anche accusata di collaborare.

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