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martedì 10 dicembre 2013

Bahrein: carcere per i genitori dei manifestanti

Nena News
Roma, - In Bahrein i genitori di minorenni che commettono atti terroristici rischiano fino a un anno di carcere per negligenza, ha riportato il sito di Gulf Daily News. Lo stabilisce una legge passata ieri in Parlamento con una maggioranza risicata (16 sì, 11 astenuti), ma sufficiente ad approvare una norma basata su un decreto regio che attribuisce ai genitori la responsabilità delle azioni dei figli. 



La legge fa parte di un pacchetto anti-terrorismo di cui il piccolo regno della Penisola arabica si sta dotando per contrastare i tentativi di rivolta iniziati sulla spinta delle primavere arabe del 2011. Alle manifestazioni che riempirono piazza della Perla nella capitale Manama, represse dalla casa reale con l'aiuto delle truppe inviate dai Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo, sono seguite proteste più sporadiche ma dal carattere più marcatamente confessionale. La maggioranza sciita del Paese governato dalla dinastia sunnita degli Al Khalifa, denuncia discriminazioni e vessazioni, e il tentativo del governo di rovesciare la composizione demografica del regno concedendo la cittadinanza agli immigrati sunniti.

La risposta delle autorità alle richieste della piazza è stata la repressione: sono finiti sotto processo perfino i medici che soccorsero i manifestanti feriti durante lo sgombero di piazza la Perla. In carcere sono finiti attivisti, blogger e anche minorenni. Adesso potrebbe toccare addirittura ai genitori dei manifestanti e anche in Parlamento si sono levate voci critiche su questa norma. Intanto, l'Assemblea ha approvato altre leggi contro il terrorismo: una stabilisce il divieto di manifestare a Manama e alcuni emendamenti alla legge anti-terrorismo hanno introdotto la pena capitale. Altre norme sono al vaglio del Consiglio della Shura i cui 40 membri sono nominati dal re ed esercitano diritto di veto sulla Camera bassa che è eletta.

Alla rivolta silenziosa che si sta consumando in Bahrein, con il suo carico di vittime, è subito seguita una repressione altrettanto silenziosa, mentre sembra ormai sfumata la possibilità di una riconciliazione nazionale. Al Wefaq, il blocco sciita di opposizione, ha rifiutato di sedersi al tavolo del negoziato, avviato lo scorso febbraio, proposto dal governo, se non ci saranno reali cambiamenti in senso democratico. Inoltre, assieme alle organizzazioni Bahrain Center for Human Rights (BCHR) e Bahrain Youth Society for Human Rights (BYSHR), ha accusato il governo di alimentare il settarismo con azioni violente durante le cerimonie sacre. In un documento congiunto hanno riportato i casi di attacchi ad opera della polizia nei villaggi e nei sobborghi sciiti. Dal febbraio del 2011, il regime dei Khalifa ha demolito 25 moschee e 18 sale di preghiera sciite.

Intanto, ieri gli Stati Uniti hanno chiesto spiegazioni al governo di Manama per avere vietato a un funzionario dell'ambasciata Usa di assistere al processo dell'attivista sciita Nabeel Rajab. La Casa Bianca ha spesso stigmatizzato l'atteggiamento della casa reale nei confronti delle manifestazioni popolari, ma non è mai stata adottata alcuna sanzione, nonostante agli inviati dell'Onu per i reati di tortura non è concesso di visitare il Bahrein.

Questo piccolo arcipelago ha un ruolo strategico rilevante nella regione e può contare sul sostegno delle monarchie della penisola arabica, oltre a essere il bastione dell'Occidente contro le mire espansionistiche dell'Iran: ospita la base di comando della flotta statunitense nel Golfo Persico.

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