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sabato 3 giugno 2017

Sud Africa. Viaggio tra giovanissimi detenuti a Bonnytoun, il carcere dei ragazzini

L'Osservatore Romano
Furti, spaccio di droga e omicidi: per questi reati si trovano nel carcere minorile di Bonnytoun a Kraaifontein, a circa 40 minuti da Città del Capo. Sono tutti giovanissimi, dai 12 ai 18 anni, detenuti in una prigione nel bel mezzo di una landa desolata. 

Ci uniamo a un gruppo di ragazzi, sono volontari della Project Abroad, una delle prime organizzazioni a livello internazionale che lavora per garantire esperienze di volontariato in Africa, America latina ed Est Europa.
Da Cape Town, ogni settimana vanno a fare delle lezioni ai ragazzi su vari argomenti nel tentativo di aiutarli a inserirsi nella società una volta che saranno rilasciati. Passiamo per una strada che costeggia la città, ettari di terreni di baracche circondano Città del Capo. Percorriamo chilometri ai cui lati nascono le Townschip: un ammasso di casupole dove vivono solo persone di colore. È la povertà assoluta. Non c'è nulla, regnano la malavita e il degrado.

Milioni di persone vivono così. Non c'è più l'apartheid oggi, ma la strada per i diritti di tutti è ancora lunga. Arriviamo all'entrata del carcere. Una volta dentro Mentre il responsabile comincia a spiegare di cosa si parlerà, tutti si mettono seduti: 20 ragazzini, tutti di colore, con addosso pantaloncini, maglietta e infradito; c'è chi ha lo sguardo strafottente, chi è attento e curioso, chi prende in giro, chi è silenzioso. 

Ce ne è uno che più ci colpisce. Sembra davvero piccolo, da una delle guardie veniamo a sapere che ha 12 anni. Gli sorridiamo e lui ricambia il nostro saluto con un gesto della mano. Accanto a noi c'è uno dei responsabili della prigione: ci guarda triste e ci dice che quel bambino è in carcere perché ha ucciso un poliziotto. Spacciava e nel tentativo di fuggire alle guardie, ne ha uccisa una.

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