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martedì 13 giugno 2017

La Turchia sotto accusa: "Giudice Onu in cella nonostante l’immunità"

La Repubblica
Aydin Akay arrestato 9 mesi fa con l’accusa di aver appoggiato il golpe. Pressioni internazionali per liberarlo


Aydin Akay
Istanbul. C'è anche un giudice dell'Onu in cella, fra le 40mila persone arrestate nella repressione seguita al fallito colpo di Stato in Turchia. Il suo nome è Aydin Sefa Akay, nato 66 anni fa ad Ankara. E' stato fermato il 28 settembre 2016, e da 9 mesi è in galera. L'accusa contro di lui? Avere scaricato (legalmente, da Google play store) l'applicazione di chat Bylock, considerato il sistema di raccordo usato dai militari golpisti, e di possedere nella sua biblioteca due libri (anche questi pubblicati tempo fa e in molti negozi): uno dell'imam Fethullah Gulen imputato di essere la mente del putsch, e l'altro scritto dall'ex direttore di Zaman, quotidiano "gulenista" oggi commissariato e riconvertito in filo governativo.

Fra tre giorni, mercoledì, la corte si riunirà per la terza volta ad Ankara ed emetterà il verdetto definitivo. Akay rischia, con l'accusa di "sostegno al terrorismo", dai 6 ai 15 anni di prigione. A nulla vale l'immunità diplomatica di cui gode come giudice speciale Onu per i Tribunali penali su Ruanda ed ex Jugoslavia. Pericoloso precedente. E a niente sono serviti i ripetuti appelli di organi internazionali. La Turchia è stata così deferita al Consiglio di sicurezza Onu. E ora una richiesta di incriminazione internazionale è pronta presso il Meccanismo dei Tribunali penali Onu contro il Presidente Recep Tayyip Erdogan e il suo ministro della Giustizia, Bekir Bozdag, "per avere interferito con l'amministrazione della giustizia": la Turchia non ha mai risposto sul caso e non ha voluto rilasciare l'alto magistrato. Adesso si richiede di procedere.

In Italia vive la figlia del giudice, Meric, che studia pittura a Milano all'Accademia di Brera ed è sposata con un biologo italiano, Guido Trivellini. "Mio padre è un laico - spiega a Repubblica - è stato educato così, al confronto aperto. Ma ora nel mio Paese la stampa vicina al governo gli lancia critiche antisemite e infamanti. Da un lato scrivono di 'questo ebreo che fa parte delle Nazioni Unite', e dall'altro lo considerano di aver fatto parte del gruppo islamista accusato del golpe. Il 19 maggio sono finalmente riuscita a vederlo: fisicamente sta bene, anche se è dimagrito. Ma è lo spirito il più toccato. Sono in 6 persone in una cella per 4, libri vietati, giornali proibiti, mentalmente per lui è molto difficile".

Akay è docente universitario di Diritti umani ed è stato ambasciatore turco in Burkina Faso. Ha trascorso molti anni ad Arusha, lavorando per il tribunale Onu, è stato poi riconfermato dall'allora segretario generale Onu, Ban Ki Moon, acquisendo piena immunità diplomatica. 


Ma la repressione seguita al golpe non è andata per il sottile ed è finito in guardina. Per lui si sta battendo la comunità internazionale. Theodor Meron, presidente del Meccanismo per i tribunali penali Onu, ne ha denunciato all'Assemblea generale l'arresto e la detenzione illegale. Ma le sue richieste di poterlo vedere, così come quelle dei rappresentanti Onu, sono sempre state respinte. A gennaio la Turchia è stata formalmente convocata all'Aia : nessuna delegazione ha mai risposto all'invito. A marzo Ankara è stata infine deferita al Consiglio di sicurezza.

L'altro giorno all'Onu si è tornati a discutere del caso e molti Paesi, tra cui Francia, Gran Bretagna e Svezia, hanno preso una posizione ferma sul riconoscimento dell'immunità al giudice e sul suo rilascio. Presso la Corte Europea per i diritti dell'Uomo di Strasburgo è attivo un ricorso. A Roma si sta muovendo l'Associazione nazionale magistrati e il Consiglio superiore della magistratura. E' un nuovo caso internazionale scottante, che tocca adesso anche l'Italia, e non mancherà di portare nuova attenzione verso la Turchia.

Marco Ansaldo

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