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sabato 18 marzo 2017

Yemen, raid aereo strage di profughi somali. 42 morti

Il Manifesto
Golfo. Un Apache, probabilmente saudita, ha colpito un barcone in fuga dalla guerra: 42 morti accertati, 80 i sopravvissuti. Sono oltre 270mila i rifugiati africani nel paese del Golfo,scappati per ritrovarsi dentro un altro conflitto
Il soccorso ai profughi somali sopravvissuti in Yemen (Foto: Abduljabbar Zeyad/Reuters)
I soccorritori hanno disteso i 42 corpi a terra e li hanno coperti con teli di plastica colorata, negli obitori non c’era abbastanza spazio. I sopravvissuti, un’ottantina, sono stati portati in un centro di detenzione a Hodeida; tra loro 24 sono in gravi condizioni. È il quadro, drammatico, del bombardamento di un barcone di rifugiati somali in fuga dallo Yemen e da un’altra guerra.

A colpire il barcone, giovedì notte, è stato un elicottero Apache. L’imbarcazione aveva da poco lasciato Hodeida, costa ovest yemenita, porto di grande importanza commerciale prima del conflitto e ora conteso tra ribelli Houthi e coalizione a guida saudita. Forse la meta era il Sudan.

In mano i rifugiati avevano documenti dell’Unhcr, dice alla Reuters una guardia costiera, Mohamed al-Alay. I sopravvissuti raccontano il panico esploso al momento del raid: alcuni si sono gettati in mare, altri hanno acceso le torce per indicare che si trattava di un barcone. Solo allora il fuoco è cessato.

Nessuno, ovviamente, rivendica la strage. Ma l’Apache fa pensare subito all’aviazione dell’Arabia saudita che da settimane prende di mira la città di Hodeida per coprire l’avanzata delle truppe governative alleate. La coalizione nega: secondo il portavoce al-Asseri, il porto di Hodeida è in mano agli Houthi e viene usato «per contrabbando di armi e tratta di essere umani». “Scordando” però che l’attacco è partito dal cielo, non dal porto.

Il punto che stavano per attraversare è altrettanto significato: lo stretto di Bab al-Mandab tra Yemen e Eritrea, piccolo corridoio di mare da cui transitano le petroliere del Golfo dirette in Europa via Suez.

Ma da lì non passa solo il greggio, passano anche centinaia di migliaia di civili in fuga dal Corno d’Africa e che in passato avevano visto nello Yemen un luogo sicuro dove riparare.

Dal 26 marzo 2015, quando Riyadh ha lanciato l’operazione “Tempesta Decisiva” anche il più povero dei paesi del Golfo è diventato luogo di morte. E in molti hanno ripreso il mare, sudanesi, etiopi e somali ma anche yemeniti.

Secondo l’Unhcr, a dicembre 2016 erano 183mila i civili fuggiti dallo Yemen: 51mila sono arrivati in Oman, 40mila in Arabia saudita, 37mila in Gibuti, 35mila in Somalia, 14mila in Etiopia e 6mila in Sudan. 


Ma sono ancora tanti quelli nel paese: oltre 270mila rifugiati africani, per lo più dalla Somalia colpita dalla terza carestia in 25 anni con metà della popolazione, tre milioni di persone, che necessita di aiuti immediati.

«Nonostante le condizioni in Yemen non siano adatte all’asilo – spiega l’Unhcr – il paese continua ad essere la destinazione dei nuovi arrivi dalla Somalia e la via di transito per molti richiedenti asilo e migranti». Transito verso il resto del Golfo, le petromonarchie che – a differenza dello Yemen – non vivono carestie né crisi economiche devastanti e sono sempre alla ricerca di forza lavoro a basso costo, in condizione di semi-schiavitù.


Chiara Cruciati

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