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lunedì 31 marzo 2014

Centrafrica, Plan: 23.000 bimbi profughi in Camerun, un blog racconta il loro dramma

Blog di Henri-Noel Tatangang
Pubblichiamo il blog di Henri-Noel Tatangang, responsabile Rischi e Calamità di Plan Camerun, che abitualmente visita i campi profughi del Paese per monitorare la condizioni dei rifugiati e organizzare aiuti umanitari. Nella Regione Orientale del Camerun a Lolo vi sono centri che accolgono i profughi provenienti dalla Repubblica Centrafricana; nella Regione si stimano circa 23.000 bambini profughi: nei campi vi sono più bambini che adulti e molti di loro nascono in queste realtà
L'intervista alla piccola Aisha, di nove anni

Aisha
“Sono stato in uno dei campi di Lolo e appena arrivato, una folla di bambini mi è venuta incontro; sono circa 2.000 i bambini nel campo, tra questi vi è la piccola Aisha (nella foto, ndr) di nove anni della comunità Buar (Repubblica Centrafricana, ndr), ha viaggiato per circa 400 km con la sua famiglia per arrivare qui. Le ho chiesto come è riuscita ad arrivare fino a qui e Aisha mi ha risposto: «Abbiamo camminato per molti giorni trovando rifugio e un po’ di cibo da famiglie lungo la strada. Una volta arrivati al confine siamo stati trasportati qui» Aisha è una delle migliaia di bambine che purtroppo condividono in questi mesi la stessa triste esperienza. Ho voluto sapere da lei se ha paura ora: «non più» ha risposto la bambina «perché non vedo più attorno a me uomini malvagi con le pistole».

Aisha manca da scuola da un anno a causa della grave instabilità che attraversa il suo Paese: le scuole erano state chiuse e gli insegnanti fuggirono dalla sua comunità. Nel campo profughi che sto visitando ci si aspetta nei prossimi giorni un arrivo di 6.000-7.000 profughi; la condizione del campo è molto difficile: c’è carenza alimentare, di accesso all’acqua e di assistenza sanitaria; non ci sono abbastanza ripari, scarse sono le agenzie umanitarie presenti, principalmente quelle delle Nazioni Unite, poche le ONG. Il governo camerunense sta garantendo la sicurezza attorno ai confini e ha organizzato un comitato per dare un sostegno ai rifugiati; tuttavia in questo campo nulla è stato fatto per garantire protezione e sicurezza all’infanzia. Questo è un problema molto grave in quanto i bambini si sentiranno al sicuro se riuniti in attività che li proteggano da varie forme di potenziale abuso, oltre che allontanarli dai brutti pensieri per le loro tristi vicende. La maggior parte dei rifugiati sono analfabeti e non conoscono il francese, la lingua ufficiale della Repubblica Centrafricana, parlano in dialetto fulfulde.”

Plan Camerun sta mobilitando risorse per rispondere alle necessità dei bambini in termini di protezione: spazi adatti a loro saranno realizzati e personale specializzato lavorerà con loro. Per provvedere alla loro istruzione si realizzeranno spazi ad hoc, saranno mobilitati insegnanti qualificati. Inoltre Plan Camerun ha l’obiettivo di riempire quei gap in settori generalmente propri di altre agenzie umanitarie, come l’accesso all’acqua e la promozione all’igiene. L’acqua potabile rimane una delle necessità più pressanti nel campo. Alcuni dei punti d’acqua si sono seccati a causa della forte domanda e le autobotti devono percorrere lunghe distanze per rifornire i serbatoi che non hanno sufficiente capacità per soddisfare la popolazione profuga vive nel centro.

C’è il rischio di epidemie se non si interviene rapidamente. Nel campo molti rifugiati vivono in grandi sale che possono ospitare fino a 50 persone finché non vengono dato loro tende domestiche per nucleo familiare. Ma questo processo è molto lento e i profughi vengono lasciati per settimane senza alcuna possibilità di privacy. Le famiglie non hanno alcun reddito perché hanno lasciato tutto nella Repubblica Centrafricana, come ci racconta, Djoubero Haman, uno dei leader tra i rifugiati, che sa parlare francese e si offre come volontario traduttore per gli altri profughi, “avevo un negozio” – racconta – “ a un certo punto ero costretto a vendere dalla porta sul retro, poi non riuscivo più a riempire il mio deposito, finché con l’acuirsi dei contrasti ho dovuto chiudere tutto, lasciare il mio Paese e dirigermi qui”.

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