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sabato 16 gennaio 2016

Morire di carcere in Russia: i dati di Russian Ebola rilevano tante morti misteriose. Sono 4000 ogni anno le morti in carcere

ibtimes
Il progetto Russian Ebola nasce nel marzo 2015 da un'idea della giornalista russa Maria Beresina: si tratta di un osservatorio permanente creato per monitorare i casi di decesso nelle stazioni di polizia, nei centri di detenzione per chi è in attesa di giudizio ed altri luoghi di prigionia in Russia.

Boris Kovalyov, 32 anni, detenuto nella una colonia 

penale di Krasnoyarsk in Siberia, Russia, all'interno 
di una cella speciale, 30 aprile 2013
Secondo Russian Ebola lo scorso anno 197 persone sono morte (183 uomini e 14 donne) mentre erano tenute in custodia dalla polizia russa: morti in circostanze misteriose ancor prima che venisse espresso un giudizio su di loro. Ogni caso viene descritto e raccontato dettagliatamente nel sito dell'osservatorio ma il progetto non tiene conto dei detenuti morti mentre scontavano condanne definitive. I dati che emergono sono comunque decisamente sconcertanti: ogni mese muoiono, in Russia, dalle 9 alle 29 persone nelle stazioni di polizia di tutta la federazione.

Nel 2015, 109 persone sono morte nelle stazioni di polizia, 42 in strutture adibite alla detenzione temporanea, 31 in custodia cautelare e 10 a bordo di veicoli della polizia. Altri sono morti in un edificio amministrativo, in un mezzo di custodia per gli ubriachi, in un ufficio locale per il controllo sugli stupefacenti, durante esperimenti di indagine. I decessi sono avvenuti per la maggior parte, secondo i referti ufficiali, per “un improvviso deterioramento delle condizioni di salute” (104 persone), solitamente per “circostanze ignote” o per “arresto cardiaco”, ma non mancano i suicidi (62 persone), casi di epilessia, tubercolosi, coma etilico, avvelenamento; 10 hanno subito qualche trauma precedente all'arrivo nel centro di detenzione, 5 sono morti in un incendio, uno è stato ucciso dagli altri detenuti. “Solo” 4 sono morti per mano degli agenti di polizia.

Secondo il Servizio Penitenziario Federale russo ogni anno sono circa 4.000 i detenuti che muoiono in carcere.

“Se ogni giorno ci sono notizie di morti improvvise nelle stazioni di polizia ci troviamo di fronte a qualche strana epidemia le cui ragioni vanno individuate, localizzate e combattute. Ma questo tema è meno interessante della guerra nel Donbass, non genera discussioni appassionate sui social network, è un argomento noioso da leggere: 'Morto...morto....morto'. Ma siamo sicuri che saranno sempre gli altri a morire così? Per quanto mi riguarda non ho questa sicurezza e temo questa epidemia di morti e vorrei che tutti abbiano paura perchè questo è terribile e deve essere fermato” spiega Beresina sul blog di Oleg Kashin, un giornalista indipendente ed oppositore all'oligarchia russa.

Inizialmente Beresina ha semplicemente analizzato e studiato le statistiche ufficiali del Ministero dell'Interno russo ma successivamente ha deciso di renderle più facilmente accessibili creando il portale Russian Ebola: aggiornamenti quotidiani e statistiche, articoli di opinione di attivisti per i diritti umani ed avvocati, analisi dei dati. Tuttavia è impossibile per Beresina monitorare anche tutte le notizie “non ufficiali” sulle violenze in divisa in Russa e così, spiega la giornalista, l'osservatorio si affida esclusivamente alle statistiche ufficiali ed accessibili al pubblico.

Se rapportiamo i dati pubblici russi con quelli italiani c'è da fare un balzo sulla sedia: nel 2015, in Italia, sono morte 120 persone durante la detenzione (il dato è complessivo e riguarda sia detenuti in via definitiva che quelli in attesa di giudizio), di cui 42 suicidi. Nel 2013 erano stati 132, nel 2012 154 e via discorrendo: negli ultimi 15 anni 2.500 persone detenute in Italia sono morte in carcere (886 suicidi). Come dicono i Radicali, da sempre molto attivi nel panorama giudiziario e penale italiano, “in Italia non c'è la pena di morte ma la morte per pena”: al 13 gennaio 2016 c'è già il primo detenuto morto, Giovanni Cavaleri, 45 anni, detenuto nel carcere di Marassi di Genova. Overdose, è l'ipotesi al vaglio del magistrato.

Tornando in Russia, molto scalpore ha fatto la morte di Vladimir Tskaev, avvenuta nel mese di ottobre a Vladikavkaz, capitale della regione autonoma dell'Ossezia settentrionale: accusato di aver attaccato un agente OMON (le forze speciali russe) è stato dichiarato morto in ospedale il giorno dopo l'arresto. “Ha battuto la testa sul pavimento” ha spiegato la polizia, ma la famiglia dell'uomo ha sempre dubitato della relazione ufficiale delle autorità. Qualche settimana dopo gli operatori accusati dai parenti di Tskaev sono stati arrestati e con loro il capo del Dipartimento investigazioni criminali della città di Vladikavkaz e il ministro dell'Interno dell'Ossezia del nord è stato costretto alle dimissioni. Tuttavia quello di Tskaev è solo un caso isolato su cui è stato possibile fare luce grazie alla cocciutaggine della famiglia e all'eco che ha avuto la sua morte. La maggior parte dei morti sospetti restano all'oscuro dell'opinione pubblica e diventano semplici numeri nei rapporti ministeriali.

Il capo del Consiglio per i diritti dell'uomo presso la Presidenza russa, Mikhail Fedotov, nell'aprile 2015 quantificava in 672.000 detenuti la popolazione carceraria nella federazione russa: 475 criminali ogni 100.000 abitanti, la cifra più elevata tra i paesi membri dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa.

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