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giovedì 28 gennaio 2016

Min. Interno: Continuo calo di migranti in Italia. 30% in meno nel 2016. Meno 10% dal 2014. Da inizio anno nessun arrivo da Siria ed Eritrea

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908 migranti in meno, rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, sono sbarcati sulle coste italiane da inizio 2016: il dato è stato comunicato ieri dal sottosegretario all'Interno, Domenico Manzione. Da inizio anno nessun arrivo da Siria ed Eritrea

Nel 2016 fino ad oggi si è registrato lo sbarco di 2.620 migranti sulle coste italiane, in calo rispetto ai 3.528 dello stesso periodo dello scorso anno. Lo ha detto il sottosegretario all'Interno, Domenico Manzione, nella sua audizione alla commissione Diritti umani del Senato. I dati sulla nazionalità degli arrivi, rileva Manzione, indicano la totale scomparsa di siriani ed eritrei: i più numerosi provengono da Guinea (281), Marocco (239), Gambia (239), Senegal (219) e Mali (201).

Quello tracciato ieri da Manzione, è il quadro attuale nel nostro Paese in merito agli sbarchi e al sistema d'accoglienza: 908 migranti in meno nel solo mese di gennaio 2016 rispetto a quelli approdati via mare nello stesso periodo del 2015.

Già l'anno scorso, rispetto al 2014, si è registrata una diminuzione complessiva del 10 per cento con 153.842 arrivi. Il flusso migratorio dall'Africa è cambiato: si è assistito a una netta diminuzione nel 2015 del numero di persone di nazionalità siriana (7.000 sulle quasi 154.000 totali) e nel mese di gennaio 2016 nessun eritreo è arrivato in Italia mentre nel 2015 sono stati la comunità più grande di stranieri in arrivo (38.612).

Quanto al sistema d'accoglienza, attualmente sono 105.000 i richiedenti asilo e rifugiati sono ospitati nei diversi circuiti: circa 20.000 nel Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), il resto nel Centri di accoglienza straordinaria (Cas) e nei Centri di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) su tutto il territorio nazionale.

L'obiettivo del Ministero dell'interno è di aumentare la capienza nel circuito Sprar, considerato il modello migliore possibile in quanto basato su un'accoglienza diffusa e finalizzata all'integrazione. Lo Sprar, tuttavia, si basa sull'adesione volontaria dei singoli comuni e questo fattore influisce sull'aumento dei posti. Dai dati più recenti risulta che negli ultimi due anni l'Italia è passata ad essere non più un paese di transito ma un paese di destinazione per i profughi. Il numero di richieste d'asilo nel 2015 è aumentato del 30 per cento rispetto all'anno precedente.

Quanto all'approccio hotspot (strutture allestite per identificare rapidamente, registrare, foto-segnalare e raccogliere le impronte digitali dei migranti), l'Italia ha implementato le nuove procedure previste a livello europeo in merito all'identificazione e alla registrazione dei migranti. Questo passaggio è determinante ai fini della sicurezza ma anche per poter disporre di cifre certe sul numero degli arrivi e sulla consistenza dei flussi e riuscire così a programmare interventi efficaci in termini di accoglienza e più in generale di politiche dell'immigrazione a livello nazionale ed europeo. Negli ultimi mesi il tasso di persone identificate e registrate dopo essere sbarcate sulle coste italiane è aumentato fino a toccare l'80 per cento e sembra probabile che la procedura d'infrazione contro l'Italia aperta dalla Commissione europea lo scorso dicembre non comporterà debiti formali. Rimangono però alcune criticità difficili da superare con gli strumenti attuali. Molte persone rifiutano di farsi identificare col rilevamento delle impronte e vengono attualmente trattenute nei centri di primo soccorso senza che ci sia una normativa che regoli il trattenimento per periodi di tempo prolungati. È quanto accaduto a Lampedusa a decine di eritrei nelle scorse settimane.

Occorre definire formalmente la natura dei centri dove è attuato l'approccio hotspot: a oggi sono attivi quelli di Lampedusa e Trapani a fronte dei cinque previsti dalla Roadmap del Ministero dell'interno del settembre scorso (Pozzallo, Augusta, Taranto). Non è previsto al momento nessun hotspot ai confini nordorientali, ma c'è molta preoccupazione su quanto potrà accadere in seguito alla chiusura delle frontiere dei paesi balcanici e della Slovenia in particolare. Esiste poi il rischio che si vada sviluppando una rotta adriatica che comporterebbe l'arrivo di ingenti flussi di persone in Puglia.

La procedura di Relocation stenta invece a decollare. A oggi solo 276 richiedenti asilo hanno potuto lasciare l'Italia per un altro Stato membro, ma finché resteranno in vigore le rigidità del regolamento di Dublino e finché gli altri Stati non cambieranno i requisiti della scelta delle persone ricollocabili,

risulta difficile immaginare esiti migliori. Inoltre, la procedura è rivolta a richiedenti asilo di nazionalità siriana, eritrea ed irachena e la diminuzione pressoché totale del numero di siriani ed eritrei sbarcati in Italia - a fronte di un aumento del flusso di migranti subsahariani - rende difficile immaginare risultati migliori nei mesi a venire.

Riguardo ai Centri di identificazione ed espulsione, i numeri attuali non sono diversi da quelli registrati negli ultimi anni e il governo ha recepito la richiesta del Parlamento di portare a 90 giorni la durata massima del trattenimento, condividendo il senso della proposta. Quell'intervento legislativo va ancora completato implementando la possibilità di procedere all'espulsione dei detenuti stranieri irregolari senza passare dai Cie, direttamente dal carcere, ma il lavoro comune col ministero delle giustizia non ha ancora dato risultati concreti.

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