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giovedì 3 febbraio 2022

Orrore al confine Grecia-Turchia. 22 rifugiati respinti dalla Grecia privandoli di abiti pesanti e scarpe, in 12 muoiono di freddo

Avvenire
La denuncia del ministro dell’Interno Soylu: li hanno rimandati indietro senza scarpe né vestiti. Erdogan attacca l’Ue: «Insensibile di fronte a chi fugge per salvarsi»


Li hanno trovati nel villaggio turco di Pasakoy. Dodici corpi privi di scarpe e vestiti, stesi sul terreno a meno di dieci chilometri dalla frontiera greca, da sette anni porta principale della “fortezza Europa”. Là, giorno dopo giorno, sfilano, nascosti nella boscaglia, uomini, donne, bambini in fuga dal Medio Oriente o dall’Asia in fiamme. Obiettivo: attraversare il fiume Evros, in bilico tra Turchia e Grecia, e varcare la soglia del Vecchio Continente. La gran parte delle volte non ci riesce.

Come i dodici di Pasakoy, nel distretto di Ipsala, nell’Edirne. Secondo le autorità turche, le vittime facevano parte di un gruppo più ampio, di ventidue persone. 


Il ministro dell’Interno Suleyman Soylu ha denunciato sui social che i profughi sarebbero riusciti a raggiungere la Grecia ma sarebbero stati bloccati e ricacciati indietro della guardie di confine. Non prima, però, di essere privati dei pochi averi, inclusi gli indumenti indispensabili per proteggersi dal freddo che, dunque, li ha stroncati. Quando la polizia di Ankara li ha trovati, undici erano già morti congelati. Il dodicesimo si è spento poco dopo in ospedale. 
«Ancora una volta, l’Europa si è dimostrata priva di soluzioni, debole e insensibile», ha tuonato Soylu che non ha precisato la nazionalità, il genere o l’età dei profughi.

Dalle foto, diffuse dallo stesso ministro su Twitter, uno sembra un ragazzino. Gli ha fatto subito eco il capo della Comunicazione del governo turco, Fahrettin Altun, che ha definito l’Unione Europea «complice » di Atene. Bruxelles «non sa cosa significhi accogliere chi cerca di salvarsi la vita», ha affermato il presidente Recep Tayyp Erdogan. 

La Grecia, da parte sua, non ha risposto alle accuse, per altro non nuove. Da tempo Ankara, che ha chiesto più fondi all’Ue per i profughi, sostiene che Atene faccia respingimenti sistematici. Una pratica illegale perché impedisce loro di presentare richiesta di asilo, come garantito dal diritto internazionale. Affermazioni confermate da vari attivisti e associazioni.

Appena tre settimane fa, l’Aegean monitor reporter ha rivelato l’espulsione di oltre 26mila profughi in due anni dalla guardia costiera greca lungo la rotta dell’Egeo. È di poco tempo fa, inoltre, la vicenda dell’interprete di Frontex scambiato per migrante e ricacciato in Turchia. Quest’ultima, dalla guerra in Siria, si è ritrovata al centro dell’esodo: nel suo territorio ci sono circa 3,7 milioni di profughi. Il braccio di ferro con la Grecia è cominciato due anni fa quando Erdogan ha spinto questi ultimi a sconfinare.

Le immagini dei profughi nella morsa delle polizie dei due Stati che li rimpallavano come merce hanno fatto il giro del mondo. Poi di nuovo il silenzio. Eppure, intrappolati tra i conflitti fra Stati e l’indecisione europea, i migranti muoiono. Di malattie e di fame. Annegati o congelati. Corpi in genere senza nome, a volte perfino senza vestiti, abbandonati lungo le linee di faglia della geopolitica.

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