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martedì 7 luglio 2015

Immigrazione: pugno di ferro marocchino sulla rotta di Melilla

La Repubblica
Sul Monte Gurugu non c'è più traccia di persone. L'ultimo raid dell'esercito marocchino, un paio di mesi fa, ha colpito nel segno. Le pendici che guardano l'enclave spagnola di Melilla e l'Europa sono ora deserte, nessun migrante le abita, come era abitudine da diversi anni oramai. Migliaia di persone sono state prese, caricate su camionette militari e portate in diverse città del Marocco. Dove, e a fare cosa, non è dato saperlo.
Qui dal Gurugu (come abbiamo raccontato in questo reportage del gennaio 2015) ogni settimana centinaia di migranti sub-sahariani, in fuga da guerre e povertà, partivano di corsa per provare a saltare i dodici chilometri di muro e filo spinato che dividono la piccola enclave spagnola di Melilla dal territorio marocchino.

Pochi ce la facevano, la maggior parte veniva catturata dalla Guardia Civil e, in spregio a tutte le convenzioni internazionali, rimandata indietro e messa nelle mani delle forze dell'ordine marocchine, accusate da associazioni, ong e istituzioni di violenze inaudite nei confronti dei migranti. Nel 2014 circa 2.300 migranti sono riusciti a saltare il muro di Melilla, mentre più di 20.000 ci hanno provato. Numeri importanti che, sommati a quelli di Ceuta, altra enclave spagnola in territorio marocchino, fanno del regno di Mohammed VI la seconda porta d'accesso in Europa per i migranti in territorio africano, dopo ovviamente la Libia. Un paese, il Marocco, che sta cercando di fronteggiare il flusso di migranti sub-sahariani, non sempre con metodi ortodossi.

Se i raid sul monte Gurugu hanno portato alla distruzione dell'accampamento, nelle altre città marocchine i raid della polizia di Rabat stanno continuando a spron battuto, alimentando numerose polemiche. È di pochi giorni fa, infatti, l'operazione di polizia messa in campo a Tangeri con l'obiettivo di sgomberare decine di edifici occupati da migranti in attesa di imbarcarsi per l'Europa. Secondo l'associazione marocchina per la difesa dei diritti umani (Gadem), le forze dell'ordine hanno usato una violenza sproporzionata, arrestando numerose persone e portandole con la forza in altre località del Marocco.

Nel corso dell'operazione un migrante è morto cadendo dalla finestra di un edificio. Ufficialmente è la seconda vittima da settembre, quando un senegalese era stato ucciso nel corso di alcuni scontri tra migranti e residenti marocchini. Il clima di intolleranza nei confronti dei migranti in Marocco sta montando.

Lo dicono le ong, gli attivisti, i pochi media indipendenti. I migranti sub-sahariani, cacciati dal Gurugu, si nascondono ora nelle foreste attorno a Nador, in attesa di un passaggio via mare o nel vano motore di una macchina per entrare a Melilla. Dall'inizio del 2015 sono infatti crollati i tentativi di salto del muro. L'intensificarsi delle azioni di polizia marocchine, con il tacito avallo da parte del governo spagnolo di Mariano Rajoy, ha spinto i migranti provenienti dai paesi a sud del Sahara a dirigersi verso la Libia. Negli ultimi mesi, spiega la Guardia Civil, sono invece aumentati in maniera esponenziale i migranti provenienti dalla Siria.

Arrivano a piedi dall'Algeria. La maggior parte acquista documenti falsi in Marocco così da poter passare il confine e una volta arrivata in territorio spagnolo fa domanda per l'asilo. Cambiano i protagonisti, ma Ceuta e Melilla continuano a essere l'immagine della Fortezza Europea in territorio africano.
di Tomaso Clavarino Melilla

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