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sabato 31 agosto 2019

Rifugiati Rohingya: 61 Ong lanciano un appello sul peggioramento della crisi in Myanmar

Vita
In un appello congiunto, 61 Ong che operano in Bangladesh e in Birmania segnalano che, in caso i Rohingya fossero rimpatriati forzatamente in Myanmar, le loro condizioni non sarebbero sicure. Le Ong chiedono che i rifugiati possano decidere liberamente del loro futuro. Il racconto di Danish Refugee Council (Drc), la più grande organizzazione internazionale non governativa in Danimarca



Cox’s Bazar, Bangladesh, 21 agosto 2019. Circa 1 milione di Rohingya stanno ancora aspettando giustizia e di potere decidere del loro futuro, due anni dopo essere scappati dalle loro case a causa delle atrocità di massa perpetrate in Birmania, e stanno lottando per avere sicurezza e dignità in Bangladesh come rifugiati. In un appello congiunto, 61 Ong a livello locale, nazionale e internazionale, che operano nei due Paesi, hanno chiesto che siano riconosciuti diritti umani per tutti nello Stato Rakhine, in Birmania, e hanno chiesto che i rifugiati Rohingya abbiano un ruolo nel prendere decisioni che riguardano le loro vite, comprese le condizioni per il loro ritorno in Birmania, spiega il Danish Refugee Council.

Le Ong hanno espresso molta preoccupazione per la sicurezza di tutte le famiglie colpite dall’emergenza nello Stato Rakhine, inclusi i Rohingya, dal momento che il conflitto si intensifica e l’intervento umanitario rimane limitato. Hanno insistito che i governi del Bangladesh e della Birmania assicurino che ogni processo di rimpatrio sia sicuro, volontario e dignitoso, dal momento che la notizia di un possibile rimpatrio accelerato di 3.450 rifugiati ha iniziato a circolare questa settimana.

Negli ultimi due anni, le ong hanno aiutato il governo del Bangladesh e le agenzie Onu a fornire un supporto che ha consentito la sopravvivenza delle persone all’interno del più grande campo profughi del mondo. I loro sforzi collettivi hanno permesso di rendere più stabili le condizioni nei campi, e hanno aiutato a impedire epidemie di malattie. Ma i rifugiati hanno bisogno di dignità- non solo di sopravvivenza. Le agenzie hanno chiesto alla comunità internazionale di aumentare i finanziamenti per la risposta umanitaria in Bangladesh e Birmania per migliorare la vita dei rifugiati e delle comunità ospitanti, così come le vite degli rifugiati all’interno del Paese.

«I rifugiati Rohingya in Bangladesh vivono in un ambiente sicuramente non protetto, né sostenibile, ed è fondamentale che vengano consultati in tutte le decisioni che li riguardano- inclusi i rimpatri. E che non ritornino prematuramente a una situazione dove i loro diritti e la loro sicurezza non possano essere garantiti», afferma Mikkel Trolle, direttore regionale delDanish Refugee Council: «Attraverso il nostro lavoro nei campi profughi e nelle comunità ospitanti a Cox’s Bazar, abbiamo riscontrato come gli sforzi congiunti del governo del Bangladesh, delle agenzie Onu e delle Ong abbiano salvato delle vite, ma ora è tempo di assicurare che queste persone vivano una vita dignitosa e che siano autosufficienti. Soluzioni di medio e lungo termine sono necessarie urgentemente per proteggere i rifugiati e le comunità ospitanti. Educazione, skills building e mezzi di sussistenza sono essenziali per qualunque soluzione durevole di successo, incluso il reinserimento».

Alcuni dati:
- In Myanmar circa 128.000 rifugiati Rohingya e altre comunità musulmane sono stati confinati nello Stato Rakhine dal 2012, senza possibilità di tornare a casa
- In Bangladesh i bambini rifugiati hanno bisogno di accedere a servizi educativi più efficaci. Sono più di 25.000 i bambini che non vanno a scuola. Inoltre il 97 per cento degli adolescenti di età tra i 15 e i 18 anni non frequenta nessuna struttura educativa
- In Bangladesh la percentuale di famiglie delle comunità ospitanti che viveva con meno di 60 dollari al mese ha avuto un picco dal 10 al 22 per cento in seguito all’afflusso di migranti nel mese di agosto 2017.

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