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mercoledì 22 febbraio 2017

Haiti. Benvenuti all'inferno: nelle carceri. Fame, sovraffollamento e malattie

rainews.it 
"Questo è l'inferno. Finire in carcere ad Haiti ti fa uscire pazzo se non ti uccide prima." Sono le parole di Vangeliste Bazile, accusato di omicidio è uno dei detenuti in attesa di giudizio nel Penitenziario Nazionale di Port-au-Prince a Haiti, come lui l'80 per cento dei prigionieri aspetta di essere sentito da un giudice, un'attesa che può durare indefinitamente.

"Temo che non vedrò un giudice finché non sarò vecchio" dice Paul Stenlove, 21 anni, in carcere da 11 mesi. I detenuti si accalcano intorno ai reporter dell'Associated Press entrati per verificare le denunce levate dagli avvocati e dagli attivisti per i diritti umani. 

Il 40 per cento degli 11mila detenuti di tutto il paese sono rinchiusi in questa fornace decrepita e maleodorante situata a pochi passi dalla sede del governo.Sovraffollamento, malnutrizione e malattie infettive stanno provocando una lenta strage. 

Sono 21 gli uomini deceduti nel penitenziario solo nell'ultimo mese. "È il peggior tasso di morti prevedibili che abbia mai visto" dice John May, un medico americano che fa volontariato nell'isola con la sua associazione "Health Through Walls" (Salute attraverso le mura).

Decine di detenuti emaciati, indeboliti da fame e dalle malattie sono ammassati nella cosiddetta "infermeria". Alcuni "fortunati" vengono isolati e reclusi in apposite celle. Gli altri sopravvivono chiusi per 22 ore al giorno in celle così sovraffollate che per dormire o dividono in quattro una branda o si creano vari piani con giacigli di fortuna appesi al soffitto o alle sbarre delle finestre. 

Le condizioni igieniche sono terribili, in mancanza di sufficienti latrine i reclusi sono costretti a defecare in sacchetti di plastica.
Secondo uno studio recente dell'Istituto di ricerca per la politica criminale dell'Università di Londra Haiti detiene il primato mondiale del sovraffollamento carcerario con una percentuale impressionante: il 454 per cento rispetto alla capienza degli istituti con celle da 20 dove dormono fino a 80/100 persone. Solo le Filippine di Duterte si avvicinano a questo record con il 316 per cento. L'unico obiettivo è sopravvivere. 

"Solo chi è forte può farcela qui" dice Ronel Michel, recluso in uno dei blocchi dove le mura esterne sono imbrattate delle feci che i detenuti sono costretti a gettare fuori dalle finestre sbarrate. C'è anche chi non soffre la fame. Sono i pochi fortunati a cui i parenti riescono a portare cibo, sigarette e provviste dall'esterno.
La situazione è tragica nonostante che con una sentenza del 2008 la Corte Inter-Americana dei Diritti Umani - il corrispettivo della Cedu europea - avesse ordinato al governo haitiano di portare le sue prigioni inumane a un livello minimo di standard internazionali. 

In conseguenza del devastante sisma del 2010 c'erano state molte donazione e molti progetti delle organizzazioni umanitarie internazionali si erano focalizzati sulla questione delle carceri. Uno di questi progetti è stato proprio la costruzione di un nuovo blocco, amaramente soprannominato "Titanic", costato 260mila dollari e finanziato dalla Croce Rossa Internazionale. Doveva dare sollievo, ma oggi è forse la sezione più sovraffollata del carcere.

"È una battaglia quotidiana solo per tenerli in vita" dice Thomas Ess, capo delegazione della Croce Rossa ad Haiti. Brian Concannon, direttore di un istituto no profit per la "Giustizia e democrazia" ad Haiti dice: "Il grave sovraffollamento è dovuto in parte alla corruzione rampante. Giudici, pubblici ministeri e avvocati alimentano un giro di mazzette che crea un circolo vizioso infernale: "Se 9 detenuti su 10 sono dentro in carcerazione preventiva e la persona non ha speranza di avere un giusto processo per anni, la famiglia fuori cercherà un modo per raccogliere il denaro sufficiente a pagare le tangenti necessarie a farlo uscire, a prescindere dal fatto se sia innocente o no".
In questo scenario dell'orrore c'è chi tenta di dare almeno una degna sepoltura ai morti. Danton Leger, procuratore capo di Port-au-Prince ha organizzato le sepolture occupandosi anche dei fiori, prima i corpi di chi moriva dentro le mura del carcere venivano gettati in una discarica: "Qui le persone sono costrette a vivere come degli animali, almeno che vengano sepolti come esseri umani".

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