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giovedì 19 gennaio 2017

Report di Human Rights Watch: “È in atto un attacco globale contro i diritti umani: in guardia contro i populismi"

La Repubblica 
Il report di Human Rights Watch. L’elezione di Trump negli Stati Uniti, le continue violazioni perpetrate da Russia e Cina e l’insorgere di partiti xenofobi in tutta Europa. Sono questi i pericoli che mettono a rischio il sistema internazionale postbellico basato sui diritti umani

Roma – La politica sta mettendo in pericolo il sistema che dalla dichiarazione dei diritti umani in poi ha contribuito a creare. E per farlo sempre più leader eletti fanno ricadere proprio sui diritti la colpa della crisi economica, della mancanza di lavoro o delle eccessive tassazioni. Il nemico dunque sono quei diritti che ostacolano la volontà della maggioranza per tutelare le minoranze. 

E’ questo quanto emerge dal rapporto annuale di Human rights watch che attraverso una lettera da parte del direttore Kenneth Roth mette in guardia dal pericolo che l’insorgere dei populismi rappresenta per l’assetto mondiale.

Pericolo Trump. Esempio lampante del dilagare della demagogia è la vittoria i Donald Trump negli Stati Uniti dopo una campagna elettorale fatta di provocazioni e slogan inneggianti all’intolleranza e alla violenza. 
La retorica e i luoghi comuni usati dal neoeletto presidente a stelle e strisce non sono molto distanti da quelli impiegati da diversi leader europei per fare presa su un’opinione pubblica sempre più sfiduciata e lontana dalla classe politica. 
Così negli ultimi anni sono fioriti movimenti apertamente xenofobi che fanno leva sul senso di insicurezza comune per alimentare l’odio. “Trump e alcuni europei - ha detto Roth - cercano il potere fomentando razzismo, xenofobia, misoginia e nativismo. Tutti sostengono che sia necessario violare i diritti umani per garantire posti di lavoro, evitare un cambiamento culturale o prevenire gli attacchi terroristici. In realtà la violazione dei diritti umani è la strada che più facilmente porta alla tirannia”.

La politica degli zar e le frontiere chiuse. Uno dei tratti peculiari della campagna elettorale del tycoon statunitense è stato l’elogio della politica di Putin e la promessa di un riavvicinamento tra i due stati dopo il gelo di Mosca verso l’amministrazione Obama. Il governo di Vladimir Putin non si caratterizza per il rispetto di alcuni dei diritti umani basilari basti pensare al giro di vite sui media russi e le leggi a dir poco draconiane sulla libertà di parola e di riunione. Ma Mosca non è sola. Nel mirino di Hrw è finito anche il presidente Bashar al –Assad che in Siria, con il sostegno di Russia e Iran, si è reso responsabile di una serie infinita di violazioni del diritto di guerra. Il conflitto ha costretto alla fuga circa 5 milioni di siriani. Pochi paesi soprattutto europei hanno saputo sviluppare una politica di accoglienza che rendesse un’opportunità e non un peso la loro presenza.

Il coraggio di ribellarsi. Al contrario proprio su questi flussi migratori si è concentrata la retorica populista che ha fatto ricadere sulle persone in fuga le colpe di governi presenti e passati. In alcuni stati dell’Africa invece diversi leader hanno esteso o in alcuni casi direttamente rimosso il limite dei mandati governativi. In altri invece le proteste sono state represse con il sangue e tre leader hanno deciso di ritirare i propri paesi dalla Corte Penale internazionale temendone il giudizio. Il vento del populismo dunque ha preso tratti globali, una tendenza che mette in pericolo la stabilità del sistema e il rispetto dei diritti fondamentali per cui tanto si è combattuto in passato. “Ci dimentichiamo a nostro rischio - conclude Roth - i demagoghi del passato: i fascisti, comunisti e i loro simili che sostenevano una visione privilegiata degli interessi della maggioranza, ma che hanno finito per schiacciare l'individuo”.

di Chiara Nardinocchi

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