Il governo ungherese silenzia le voci delle Ong. Amnesty: "Sistema mediatico da regime comunista, non da Paese Ue". Come funziona la macchina della propaganda.
“Siamo diventati il nemico pubblico numero uno”. Mentre i telefoni non smettono di squillare nel suo ufficio a Budapest, lo chiosa con certezza netta Demeter Aron, rappresentante di Amnesty International Ungheria, organizzazione finita insieme a Human Right Watch, ancora una volta, nell’inesorabile mirino censorio del governo Orban.
Il quotidiano ungherese Nepszava pochi giorni fa ha riportato che alla MTVA, agenzia sotto controllo governativo, con una comunicazione interna è stato vietato ai giornalisti di pubblicare o citare report delle due organizzazioni riguardo le violazioni dei diritti umani nel Paese.
Un argomento dopo l’altro, lo spazio per il libero dibattito in Ungheria “si restringe dal 2016, anno della crisi migratoria. Gli spazi di critica al potere si stanno definitivamente contraendo. Non siamo in una situazione paragonabile a quella vissuta nel Paese di Putin o Erdogan, ma la nostra attività è impedita in molti modi: è veramente dura per noi lavorare qui se consideriamo che stiamo parlando di uno Stato europeo”, continua Aron parlando all’HuffPost. Una notizia alla volta, tutte le informazioni avverse al partito di Orban, Fidesz, vengono obliate, secretate o cancellate, insieme a quelle negative in arrivo da Mosca o Istanbul, Paesi alleati.
Aron non vede alcun miglioramento immediato all’orizzonte: “Il super potere del Governo sulla stampa non cambierà a breve”. L’ecosistema mediatico magiaro, mai così stretto nella morsa della sorveglianza governativa dagli anni ’90 e dalla caduta dell’Unione Sovietica, ormai “assomiglia a quello comunista, per il livello di controllo esercitato” ha detto Zselyke Csaky, analista della Freedom House Europa e Eurasia.
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Un argomento dopo l’altro, lo spazio per il libero dibattito in Ungheria “si restringe dal 2016, anno della crisi migratoria. Gli spazi di critica al potere si stanno definitivamente contraendo. Non siamo in una situazione paragonabile a quella vissuta nel Paese di Putin o Erdogan, ma la nostra attività è impedita in molti modi: è veramente dura per noi lavorare qui se consideriamo che stiamo parlando di uno Stato europeo”, continua Aron parlando all’HuffPost. Una notizia alla volta, tutte le informazioni avverse al partito di Orban, Fidesz, vengono obliate, secretate o cancellate, insieme a quelle negative in arrivo da Mosca o Istanbul, Paesi alleati.
Aron non vede alcun miglioramento immediato all’orizzonte: “Il super potere del Governo sulla stampa non cambierà a breve”. L’ecosistema mediatico magiaro, mai così stretto nella morsa della sorveglianza governativa dagli anni ’90 e dalla caduta dell’Unione Sovietica, ormai “assomiglia a quello comunista, per il livello di controllo esercitato” ha detto Zselyke Csaky, analista della Freedom House Europa e Eurasia.
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