Bruxelles. Parco Maximilien: ecco la piccola Calais, centinaia di migranti allo sbando vicino alle istituzioni dell’Ue. Sulla crisi umanitaria solo l’azione spontanea dei cittadini.
Migranti del Parc Maximilien a Bruxelles |
« Offriamo tre pasti al giorno e da pochi mesi riusciamo a dare ospitalità » racconta Adriana, fra i fondatori della piattaforma cittadina. Siamo nel quartiere Nord della città, non lontano dalle Istituzioni europee, dove centinaia di migranti (sopra) vivono fra l’indifferenza dei passanti e gli abusi delle forze dell’ordine.
Il parco Maximilien, nel cuore della capitale europea, è la piccola Calais del Belgio. In questo parco urbano alcune centinaia di migranti (sopra) vivono fra l’indifferenza dei passanti, a poca distanza dalle istitutzioni della Comunità europea. Una situazione che potrebbe essere anche peggiore se non fosse per l’attivismo di alcune decine di cittadini auto-organizzati per dare sostegno, cibo ed alloggio, ai tanti migranti che orbitano nel parco da almeno due anni.
Siamo nel quartiere Nord della città, a ridosso del centro cittadino. Un intero quartiere, dal carattere sinistro, concepito come polo direzionale di una città nel pieno del boom del terziario e poi abbandonato a sé stesso. É qui che nel 2015, sulla spinta di una crisi umanitaria a cui la politica doveva imperativamente dare una risposta, viene attrezzato un campo d’accoglienza per i migranti in fuga dalla guerra. Quando il campo viene smantellato, la maggior parte dei migranti si muove verso Calais, in Francia, dove l’approdo per la Gran Bretagna (la destinazione finale di quasi tutti i migranti) sembra essere più facile. Ma quando nell’ottobre del 2016 la cosidetta giungla di Calais viene smantellata dalle autorità francesi, in molti tornano alla casella di partenza.
Il 2017 è l’anno del ripopolamento del parco Maximilien, nell’indifferenza collettiva e fra gli abusi (presunti) delle forze dell’ordine, che secondo la stampa locale, sarebbero state protagoniste di furti ed aggressioni nei confronti dei migranti del parco.
Il parco Maximilien, nel cuore della capitale europea, è la piccola Calais del Belgio. In questo parco urbano alcune centinaia di migranti (sopra) vivono fra l’indifferenza dei passanti, a poca distanza dalle istitutzioni della Comunità europea. Una situazione che potrebbe essere anche peggiore se non fosse per l’attivismo di alcune decine di cittadini auto-organizzati per dare sostegno, cibo ed alloggio, ai tanti migranti che orbitano nel parco da almeno due anni.
Siamo nel quartiere Nord della città, a ridosso del centro cittadino. Un intero quartiere, dal carattere sinistro, concepito come polo direzionale di una città nel pieno del boom del terziario e poi abbandonato a sé stesso. É qui che nel 2015, sulla spinta di una crisi umanitaria a cui la politica doveva imperativamente dare una risposta, viene attrezzato un campo d’accoglienza per i migranti in fuga dalla guerra. Quando il campo viene smantellato, la maggior parte dei migranti si muove verso Calais, in Francia, dove l’approdo per la Gran Bretagna (la destinazione finale di quasi tutti i migranti) sembra essere più facile. Ma quando nell’ottobre del 2016 la cosidetta giungla di Calais viene smantellata dalle autorità francesi, in molti tornano alla casella di partenza.
Il 2017 è l’anno del ripopolamento del parco Maximilien, nell’indifferenza collettiva e fra gli abusi (presunti) delle forze dell’ordine, che secondo la stampa locale, sarebbero state protagoniste di furti ed aggressioni nei confronti dei migranti del parco.
Fra questi, sono in pochi a voler chiedere l’asilo politico poiché, un po’ come avviene per l’Italia, il Belgio è solo una tappa di transito verso la Gran Bretagna, dove in molti hanno parenti ed amici.
Sono per la maggior parte sudanesi ed eritrei, anche se non mancano egiziani, afgani e siriani. Giovani (e molti i minorenni) che orbitano fra il parco Maximilien e l’adiacente stazione Nord, nell’attesa del giusto momento per salire in sordina su di un treno o di un bus per Londra.
Una ricerca che puo durare mesi, ma anche anni. Il rischio è d’essere fermati e spediti in un centro d’identificazione, la porta per il rimpatrio, e mettere fine ad un viaggio che per molti dura oramai da molti anni. in questo contesto che opera la Piattaforma cittadina, un gruppo di cittadini auto-organizzati per dare assistenza in questa piccola Calais nel cuore della capitale europea. Il gruppo di volontari arriva nel parco intorno alle ore 20 per il pasto serale. I migranti si radunano alla spicciolata ed in pochi minuti possono diventare diverse centinaia, mentre i pasti vengono serviti ed i volontari raccolgono i nomitavi per l’ospitalità nelle case private.
Fra questi incontro Saddam, giovane sudanese di 26 anni. «Sono scappato da una guerra » mi racconta in inglese, «nella traversata del deserto ho perso un fratello ed una sorella; in Libia ci sono voluti due anni per riuscire ad imbarcarmi; le traversate sono gestite da una mafia, gli uomini sono armati e la benzina non basta; ti lasciano in mezzo al mare e tu devi solo sperare che ti vengano a salvare ». Saddam è passato da Lampedusa e poi in un centro d’accoglienza non lontano da Bari, prima di raggiungere Ventimiglia da dove è riuscito a svalicare in Francia. É stato a Calais prima che la giungla venisse smantellata ed ora spera di raggiungere l’Inghilterra. « Vorrei lavorare ed avere una vita normale» mi confessa con aria determianta, accennando un sorriso.
«Offriamo tre pasti al giorno e da pochi mesi riusciamo a dare ospitalità » racconta Adriana, fra i fondatori della piattaforma cittadina. « Attraverso la rete riusciamo ad avere i contatti di quanti mettono a disposizione, giorno per giorno, dei posti letto nella propria abitazione, ma c’è chi si propone come semplice accompagnatore verso la casa d’accoglienza a volte anche solo per offrire una doccia calda ». L’iniziativa messa in piedi per dare ospitalità occasionale a donne e bambini è oggi una delle poche opportunità per i migranti per non dormire in strada. « Veniamo qui tutti i giorni dopo il lavoro e riusciamo ad ospitare fra le 200 e le 400 persone al giorno » precisa Adriana.
Intorno alla mezza notte il lavoro dei volontari volge al termine ed anche Saddam ha trovato, almeno per oggi, un posto dove dormire.
Fra poche settimane inizierà quello che a Bruxelles chiamano il « piano inverno », una campagna sostenuta dalle istituzioni pubbliche che offre assistenza ed accoglienza (in strutture pubbliche) a chi vive in strada, ma solo per l’inverno. Il parco Maximilien inizierà lentamente (ma non del tutto) a svuotarsi in attesa della prossima stagione.
Fra questi incontro Saddam, giovane sudanese di 26 anni. «Sono scappato da una guerra » mi racconta in inglese, «nella traversata del deserto ho perso un fratello ed una sorella; in Libia ci sono voluti due anni per riuscire ad imbarcarmi; le traversate sono gestite da una mafia, gli uomini sono armati e la benzina non basta; ti lasciano in mezzo al mare e tu devi solo sperare che ti vengano a salvare ». Saddam è passato da Lampedusa e poi in un centro d’accoglienza non lontano da Bari, prima di raggiungere Ventimiglia da dove è riuscito a svalicare in Francia. É stato a Calais prima che la giungla venisse smantellata ed ora spera di raggiungere l’Inghilterra. « Vorrei lavorare ed avere una vita normale» mi confessa con aria determianta, accennando un sorriso.
«Offriamo tre pasti al giorno e da pochi mesi riusciamo a dare ospitalità » racconta Adriana, fra i fondatori della piattaforma cittadina. « Attraverso la rete riusciamo ad avere i contatti di quanti mettono a disposizione, giorno per giorno, dei posti letto nella propria abitazione, ma c’è chi si propone come semplice accompagnatore verso la casa d’accoglienza a volte anche solo per offrire una doccia calda ». L’iniziativa messa in piedi per dare ospitalità occasionale a donne e bambini è oggi una delle poche opportunità per i migranti per non dormire in strada. « Veniamo qui tutti i giorni dopo il lavoro e riusciamo ad ospitare fra le 200 e le 400 persone al giorno » precisa Adriana.
Intorno alla mezza notte il lavoro dei volontari volge al termine ed anche Saddam ha trovato, almeno per oggi, un posto dove dormire.
Fra poche settimane inizierà quello che a Bruxelles chiamano il « piano inverno », una campagna sostenuta dalle istituzioni pubbliche che offre assistenza ed accoglienza (in strutture pubbliche) a chi vive in strada, ma solo per l’inverno. Il parco Maximilien inizierà lentamente (ma non del tutto) a svuotarsi in attesa della prossima stagione.
Intanto, domani, volontari e migranti si troveranno di nuovo insieme nel tentativo di dare maggiore dignità non solo a chi fugge dalla guerra, ma forse e soprattutto a chi avrebbe il dovere (quanto meno morale) dell’accoglienza.
Gabriele Annicchiarico
Gabriele Annicchiarico
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